“DOCILI ALLA VOCE DELLO SPIRITO”

Domenica 8 maggio – “Al Signore Gesù domandiamo di essere docili alla voce del suo Spirito, per rendere il mondo più giusto e più vero, e anche più desiderabile a Dio, perché continui ad abitarlo.”

Gesù, dopo la sua passione, morte e risurrezione, è tornato al Padre e – come diciamo anche nelle parole del Credo – “siede alla destra di Dio”. Ce lo ricordano bene le prime due letture di questa domenica. Stefano, il primo amico di Gesù ad aver dato la sua vita per lui, poco prima di morire, dice: “Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”. E Paolo, nella lettera ai cristiani di Efeso, proclama che Dio ha manifestato la sua forza e il suo vigore in Cristo, “quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli”.

“Sedere alla destra di qualcuno” significa “ricevere la sua protezione”. È una immagine molto semplice usata per indicare come Dio, il Padre, ha voluto bene a Gesù, suo Figlio, e non lo ha lasciato nell’oscurità della morte, ma lo ha voluto con sé, proteggendo la sua vita. Ma quello che il Padre ha voluto per suo Figlio, ora vuole che avvenga anche per noi. Avendo portato con sé la nostra umanità presso il Padre – questo ci ha ricordato il mistero dell’Ascensione – anche noi siamo chiamati a “sedere alla sua destra”, cioè a condividere la stessa vita di Gesù e la sua stessa sorte, che è quella di stare presso Dio con tutta la nostra umanità.

Gesù, nel mistero dell’Ascensione, è tornato al Padre, ma non ci ha lasciato soli. Continua ad essere in comunione con noi, non solo perché non ha abbandonato la nostra natura umana, ma anche per il dono dell’Eucaristia che lo rende costantemente presente nei segni sacramentali. Stiamo rivivendo ora il gesto con cui Gesù ha donato la vita ai suoi amici “nella notte in cui veniva tradito”. In quella notte – lo abbiamo sentito – Gesù ha pregato anche per tutti noi: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola”. E il motivo per cui Gesù ha pregato così tanto il Padre anche per noi è uno solo: “Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.

È questo il dono che oggi il Signore Gesù ci fa: egli viene ad abitare in noi – con il suo Corpo e con il suo Sangue, cioè con tutta la sua vita – perché anche noi impariamo ad abitare in lui, a donare la nostra vita come ha fatto lui. E il solo modo per farlo – è sempre Gesù che ce lo ricorda – è quello di dare spazio al fratello che ci sta accanto, accettando che l’altro abiti dentro di me. Una simile esperienza, che ci può risultare impraticabile, in realtà fa parte della nostra vita quotidiana.

“Lasciare che l’altro abiti dentro di sé” è ciò che fanno, ad esempio, un uomo e una donna quando si vogliono bene e decidono di costituire un’unione che duri per tutta la vita, donandosi scambievolmente l’uno all’altra, in totale gratuità. Ma è pure una esperienza che appartiene a tutte le madri. In questa domenica ricorre anche la festa della mamma e una madre sa molto bene che cosa significa fare abitare l’altro dentro di sé, quando è disponibile ad accogliere la vita che in lei ha iniziato ad esistere e a farla crescere.

Facciamo più fatica, invece, ad accogliere l’altro dentro di noi quando chi ci sta accanto ci si presenta come un problema o addirittura un pericolo, quando non è parte della nostra stessa cultura, quando mette in discussione il nostro modo di vivere, quando ci chiede di non pensare sempre e solo alla nostra sicurezza e stabilità. Vediamo tutto questo, ad esempio, nei molti migranti che ogni giorno raggiungono i nostri confini e arrivano presso le nostre terre, in cerca di felicità, scappando da povertà e da guerre che procurano sempre di più morte. È facile, per tutti noi, in queste situazioni, lasciarci andare alla paura, erigere barriere e steccati, costruire muri, anche esternamente, dopo che li abbiamo fatti crescere nel nostro cuore.

Come cristiani, in questa domenica dopo l’Ascensione, siamo chiamati a vivere nella gioia perché Gesù, seduto alla destra di Dio, si rende ancora presente in mezzo a noi, nei segni del pane e del vino, promettendoci il dono del suo Spirito, quello Spirito che abilita la nostra esistenza quotidiana a diventare sempre più conforme a quella di Gesù. È solo questa certezza che ci permette di non lasciarci andare alla lamentela e alla disperazione, anche davanti agli avvenimenti tragici e drammatici dei nostri giorni, ma di reagire con forza, rendendo il nostro cuore accogliente alla presenza dello Spirito e, di conseguenza, a quella del fratello che sta vicino a noi. Al Signore Gesù, risorto e asceso al cielo, domandiamo di essere docili alla voce del suo Spirito, per rendere il mondo in cui viviamo più giusto e più vero, e anche più desiderabile a Dio, perché continui ad abitarlo.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

Per leggere i testi delle letture della Settima Domenica di Pasqua (Atti 7,48-57; Efesini 1,17-23; Giovanni 17,1b.20-26), cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 8 maggio 2016