“GESÙ È LA NUOVA VIA”

Domenica 1° maggio - Anche a noi è dato il compito di annunciare agli uomini la nuova Via che è Gesù, il nuovo modo di vivere la nostra esistenza, così come l’ha vissuta Gesù, grazie al dono del suo Spirito.

Le parole che Gesù pronuncia nella pagina evangelica di questa domenica ci possono risultare oscure e non c’è da stupirsi. Gli stessi discepoli dissero: “Non comprendiamo quello che vuol dire”. Forse vale la pena di ricordare che Gesù pronuncia queste parole durante la sua ultima cena, poco prima della sua passione, e sta preparando i suoi amici e coloro che aveva scelto a ciò che sta per accadere. Sono soprattutto due gli eventi che li riguardano e che li toccheranno nel profondo, così come raggiungono il cuore di ciascuno di noi.

Il primo evento è quello della sua partenza: non solo perché va a morire, ma anche perché – una volta risorto – tornerà al Padre o, come ci ha detto l’autore della lettera agli Ebrei, sarà “elevato sopra i cieli”.

Il secondo avvenimento è il dono dello Spirito santo, lo “Spirito della verità”, che guiderà i suoi discepoli “alla verità tutta intera”, cioè a una comprensione sempre più profonda del mistero di Dio e del mistero dell’uomo. Anche noi, con la celebrazione dell’Eucaristia di questa domenica, ci prepariamo a celebrare questi due eventi fondamentali per la nostra fede e per la vita cristiana: il mistero della Ascensione di Gesù al cielo, cioè il suo ritorno al Padre, e quello della Pentecoste, l’invio del suo Spirito sugli uomini per costituire così la sua Chiesa.

Come ai primi discepoli, Gesù si rivolge a noi con queste parole: “Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete”. Nella nostra traduzione italiana abbiamo sempre lo stesso verbo – “vedere” – ma nel testo originale greco Gesù usa due verbi diversi. Prima utilizza il verbo theoréo che significa “guardare”. La seconda volta, invece, fa uso del verbo orào che andrebbe tradotto con “contemplare”. È come se Gesù dicesse: “Proprio perché me ne vado al Padre, allora per un poco non mi vedrete più, non avrete più la possibilità di guardarmi come state facendo ora. Ma quando vi manderò il mio Spirito, allora voi potrete vedermi di nuovo, nel senso che avrete la possibilità di riconoscermi vivo e operante in mezzo a voi”.

Quel “poco” di cui Gesù sta parlando – e che i discepoli non comprendono – è il tempo che passa tra il suo ritorno al Padre, la sua Ascensione, e il dono del suo Spirito, la Pentecoste. Noi vivremo questo “poco”, questo breve spazio di tempo – i giorni dall’Ascensione alla Pentecoste – solo nella celebrazione della Liturgia, perché, in realtà, come Chiesa che è nata dalla Pentecoste, abbiamo già ricevuto il dono dello Spirito. Se non possiamo più rivivere, fisicamente, l’esperienza unica e singolare che hanno vissuto i discepoli di Gesù nei giorni in cui, tornato al Padre, attendevano il suo Spirito, tuttavia – come la prima comunità cristiana e la Chiesa di ogni tempo – anche noi, venendo dopo la partenza di Gesù e ricevendo il dono del suo Spirito di verità, siamo chiamati a “rimanere in via”, a percorrere il nostro cammino di uomini e di donne facendo riferimento solo all’umanità di Gesù e al suo modo di vivere tra noi. È quello che ha fatto Paolo e che egli stesso ci ha descritto raccontando la sua conversione nella pagina degli Atti degli Apostoli.

Quando parliamo di “conversione”, erroneamente, noi pensiamo a Paolo che da non credente è diventato credente, ma non è così. Paolo era già credente – e ricorda tutta la sua educazione scrupolosa nella Legge dei padri – ma ha cambiato il suo modo di credere. Se vogliamo utilizzare la sua stessa immagine, non ha cambiato vita, ma ha cambiato via. Paolo ha continuato a vivere la sua esistenza di credente – molto più seriamente di quanto facciamo noi oggi – ma lo ha fatto cambiando il percorso, la via: per lui non era più la Legge e la tradizione dei padri che lo conducevano alla salvezza, ma la concreta persona di Gesù e il suo modo di rapportaci al Padre e di vivere la nostra umanità. Quella Via che aveva perseguitato con tutte le sue forze, per affermare la propria fede, ora era diventata la sua strada maestra e si sentiva inviato ad annunciarla agli altri.

Anche a noi, oggi, proprio in quanto cristiani, è dato il compito di annunciare agli uomini – a tutti gli uomini, senza distinzioni – la nuova Via che è Gesù, il nuovo modo di vivere la nostra esistenza umana, così come l’ha vissuta Gesù, grazie al dono del suo Spirito. Come ci ha ricordato lo stesso Gesù nella pagina del vangelo, nessuno di noi è capace di portare il peso di Dio e della propria umanità: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Ma grazie al dono del suo Spirito, che attendiamo nella prossima Pentecoste, diventiamo capaci di sostenere il peso – la gloria – di Dio che si manifesta a noi in Gesù e di vivere una esistenza come la sua. Domandiamolo.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

Per leggere i testi delle letture della Sesta Domenica di Pasqua (Atti 21,40b-22,22; Ebrei 7,17-26; Giovanni 16,12-22), cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 1 maggio 2016