Giovedì 28 Marzo

“VIENI, SIGNORE GESÙ”

Avvento: le omelie domenicali di don Ettore, occasione per riflettere - Iniziamo, come Chiesa Ambrosiana, il cammino di Avvento e lo facciamo mettendo a tema proprio “la venuta del Signore”.

Iniziamo il nuovo anno liturgico in un clima di profondo dolore, per le vittime degli attacchi terroristici avvenuti a Parigi, e con un senso di costernazione e di sgomento per quanto è accaduto, perché – come ci ha ricordato Papa Francesco – “questo non è umano” e “non ci sono giustificazioni per queste cose”. Siamo davanti ad atti di una violenza e di una crudeltà inaudita, un “pezzo” di quella “terza guerra mondiale” di cui lo stesso Papa ha parlato più volte, una “terza guerra mondale a pezzi”.

 


don Ettore Colombo, prevosto di Cernusco sul Naviglio


Anche i passi della Scrittura che abbiamo proclamato (Isaia 13,4-11 - Efesini 5,1-11° - Luca 21,5-28) ci parlano di questa violenza che segna continuamente la storia degli uomini di tutti i tempi, rendendola “disumana”. Così abbiamo ascoltato nella pagina del profeta Isaia, dove a entrare in campo, paradossalmente, è Dio stesso: “Il Signore degli eserciti passa in rassegna un esercito di guerra”. Il profeta descrive “il giorno del Signore” come momento di liberazione per il suo popolo, e lo fa con immagini di violenza, ricordando come la grande potenza di Babilonia, quella potenza che aveva condotto Israele in esilio, si vede ora schiacciata e sottomessa da un altro dominatore che inizia ad apparire all’orizzonte: il popolo dei persiani. Così è la storia degli uomini. In tutta questa violenza, però, Isaia sottolinea la forza di Dio che agisce non contro gli uomini, ma contro la loro malvagità e iniquità, per ristabilire la giustizia e la pace, e offrendo un nuovo ordine nel mondo.

Sfruttare ogni occasione per dare testimonianza - Per questo Gesù, nella pagina evangelica, riprendendo quasi alla lettera le immagini di Isaia – il sole che si oscura, la luna che non darà più la luce – invita i suoi ascoltatori a non rimanere turbati davanti a così tanta violenza, e chiede di confidare soltanto in Lui. Gesù mette in campo tutto ciò che turba e rattrista il nostro cuore: guerre e rivoluzioni, terremoti, carestie e pestilenze, fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Non nasconde neppure le persecuzioni che i suoi discepoli dovranno affrontare, così come la distruzione della città santa, Gerusalemme. Eppure, in tutto questo, chiede di non abbandonarsi alla disperazione, di non lasciarsi prendere dal terrore – come appunto vorrebbero indurre a fare i terroristi di ogni tempo – e neppure di reagire con altrettanto odio e violenza, ma di sfruttare ogni occasione per dare testimonianza, nella consapevolezza che la nostra liberazione è vicina.

“Fatevi imitatori di Dio” - È lo stesso invito che, con altre parole, l’apostolo Paolo rivolge ai cristiani di Efeso ed anche a noi: “Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore”. Quali siano i sentimenti che dobbiamo portare nel cuore per essere realmente “imitatori di Dio” e per favorire la sua azione di liberazione in mezzo agli uomini, ce lo ha ricordato proprio Papa Francesco nell’intervento che ha tenuto a Firenze, durante il recente convegno della Chiesa italiana sul “nuovo umanesimo in Cristo”. Il Papa ne ha presentati tre: l’umiltà, il disinteresse e la beatitudine. Questi sono i sentimenti di Cristo che ci rendono imitatori di Dio e ricostruiscono in noi l’immagine dell’uomo nuovo.

“Il volto di Gesù – ha detto il Papa – è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda” e ci interpella. È questo ciò che iniziamo a celebrare oggi mediante la ripresa di un nuovo anno liturgico, con la prima domenica di Avvento. Siamo invitati a riscoprire nella persona di Gesù il volto di un Dio che “svuota” se stesso e che viene incontro alla nostra esistenza, condividendola fino alla fine, nelle sue più tragiche conseguenze, perché possiamo ritrovare in Lui – e non in altro – la vita, quella vera. Solo se saremo capaci di non cercare la nostra gloria, ma di vivere nell’umiltà, considerando gli altri superiori a noi stessi, riusciremo a manifestare la gloria di Dio. Solo se vivremo con animo disinteressato, non cercando il nostro interesse, ma anche quello degli altri, potremo dare voce alla venuta di Dio che rende gli uomini nuovi. Solo se vivremo della stessa beatitudine di Gesù, portando in noi la gioia del Vangelo, saremo in grado di affrontare ogni evento della nostra vita, anche quello più drammatico, con perseveranza e con grande fiducia, riconoscendo che davvero la nostra liberazione è vicina.

“Vieni, Signore Gesù” - È questo ciò che chiediamo al Signore, unendoci alla voce di tutta la Chiesa che invoca la sua venuta e attende il suo ritorno. Lo facciamo con l’antico grido delle prime comunità cristiane: Marana thà, “Vieni, Signore Gesù”, sapendo che davvero “il Signore viene” e spetta a noi predisporre un cuore capace di accoglierlo.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

I Domenica di Avvento: Isaia 13,4-11 - Efesini 5,1-11° - Luca 21,5-28

Cernusco sul Naviglio, 15 novembre 2015