V Domenica di Avvento

LETTURA Is 11, 1-10
Lettura del profeta Isaia

In quei giorni. Isaia disse: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa».

SALMO Sal 97 (98)

Vieni, Signore, a giudicare il mondo.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore. R

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne. R

Esultino davanti al Signore che viene
a giudicare la terra:
giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine. R

EPISTOLA Eb 7, 14-17. 22. 25
Lettera agli Ebrei

Fratelli, è noto che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda, e di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. Ciò risulta ancora più evidente dal momento che sorge, a somiglianza di Melchìsedek, un sacerdote differente, il quale non è diventato tale secondo una legge prescritta dagli uomini, ma per la potenza di una vita indistruttibile. Gli è resa infatti questa testimonianza: «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek». Per questo Gesù è diventato garante di un’alleanza migliore. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.

VANGELO Gv 1, 19-27a. 15c. 27b-28
Lettura del vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me, ed era prima di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


******
Commento Biblico a cura di Gianantonio Borgonovo

 

(tratto dal sito internet di ChiesadiMilano – Il Portale della Diocesi ambrosiana)

QUINTA DOMENICA DI AVVENTO

IL PRECURSORE

PER LA NOSTRA VITA

1. Giovanni è identificato con il messaggio, ha formato una tale unità con la Parola di Dio che deve proclamare ed annunciare alla gente, che non si riesce più nemmeno a vederlo dietro il messaggio, non riesce più a sentire il tono della sua voce dietro la tonante testimonianza dello Spirito di Dio che parla attraverso di lui. Ecco una cosa che dovremmo imparare. Troppo spesso quando portiamo un messaggio la gente vede noi e percepisce un messaggio che forse arriva attraverso di noi, perché non siamo sufficientemente identificati con quello che dobbiamo dire. Per ottenere questa identificazione dobbiamo leggere il Vangelo in modo tale, renderlo così nostro e rendere noi stessi così Vangelo, che quando parliamo come dal di dentro del Vangelo stesso, in suo nome, dovrebbe essere semplicemente il Vangelo che parla… […] e noi dovremmo essere una voce, la voce di Dio[1].

2. L’esperienza autentica di Dio, o il rapporto autentico con Lui, si realizza a condizione di “sottomettergli il cuore”. Non dobbiamo cioè dimenticare che l’esperienza di Dio, vissuta nel cammino della fede, della speranza e della carità […] avviene sempre attraverso di noi, che prendiamo la sua “forma”: il suo modo di giudicare, di pensare, di amare. […] In questo modo si fa l’esperienza di Dio non semplicemente come chi è informato su di Lui, ma piuttosto come chi vive un rapporto determinante, capace di “cambiare il cuore.” Dio non è un “oggetto”, ma “Colui che mi sottomette il cuore”. Diventa la mia “forma”: ciò che dà forma al mio essere e al mio agire, magari faticosamente, perché certo di essere fedele, di non venir meno, anche se mi sembra che le motivazioni gratificanti siano scomparse tutte. Ma non posso pretendere un’esperienza di Dio che sia semplice. Vi saranno, allora, momenti facili e momenti difficili: tutti devono essere assunti nella prospettiva della fede e diventare elementi di formazione nel cammino stesso della fede, della speranza e della carità. Proprio questa consapevolezza ci dà il coraggio, la forza, la ragione per vivere la fatica di questi momenti e ci conduce a riconoscere che l’esperienza di Dio non avviene senza di me, che prendo la sua “forma”[2].

3. L’amore trascende sempre, è l’agente di ogni trascendenza nell’uomo. E per questo apre il futuro; non l’avvenire, che è il domani che si presume certo, ripetizione con variazioni dell’oggi e replica del passato: il futuro, l’eternità, quell’apertura senza limiti a un altro spazio e a un altro tempo, a un’altra vita che ci appare davvero come la vita. Il futuro che attrae anche la storia. Ma l’amore ci proietta verso il futuro obbligandoci a trascendere tutto quello che promette. La sua promessa indecifrabile squalifica ogni raggiungimento, ogni realizzazione. L’amore è l’agente più poderoso della distruzione, perché scoprendo l’inadeguatezza e a volte l’inutilità del suo oggetto, lascia aperto un vuoto, un nulla che atterrisce nel momento in cui viene percepito. È l’abisso in cui sprofonda non solo l’amato, ma la vita, la realtà stessa di colui che ama. È l’amore che scopre la realtà e l’inutilità delle cose, che scopre il non-essere e anche il nulla[3].

4. Accettare un vuoto in se stessi è cosa sovrannaturale. Dove trovar l’energia per una atto che non ha contropartita? L’energia deve venire da un altro luogo. E, tuttavia, ci vuole dapprima come uno strappo, qualcosa di disperato; bisogna anzitutto, che quel vuoto si produca. Vuoto: notte oscura. […] La volontà di Dio. Come conoscerla? Se si fa silenzio in se stessi, se si fanno tacere tutti i desideri, tutte le opinioni; e si pensa con amore, con tutta l’anima e senza parole: “Sia fatta la tua volontà”, quel che allora si sente, senza incertezza, di dover fare (quand’anche, per certi riguardi, fosse un errore) è la volontà di Dio.”[4].



[1] A. BLOOM, Dio e l’uomo, Traduzione di M. PRANDINI (Spiritualità 8), Editrice Queriniana, Brescia 1976, p. 48.

[2] G. MOIOLI, Temi cristiani maggiori, a cura di D. CASTENETTO (Contemplatio 5), Glossa, Milano 1992 (1ª edizione 1973), pp. 83-84.

[3] M. ZAMBRANO, L’uomo e il divino (Classici e Contemporanei), Edizioni Lavoro, Roma 2002, pp. 249- 252.

[4] S. WEIL, L’ombra e la grazia, Introduzione di G. HOURDIN, Traduzione di F. FORTINI (Testi di Spiritualità), Rusconi Editore, Milano 1985, p. 58.