Venerdì 29 Marzo

IV Domenica di Avvento

LETTURA Is 16, 1-5
Lettura del profeta Isaia

In quei giorni. Isaia disse: «Mandate l’agnello al signore della regione, da Sela del deserto al monte della figlia di Sion. Come un uccello fuggitivo, come una nidiata dispersa saranno le figlie di Moab ai guadi dell’Arnon. Dacci un consiglio, prendi una decisione! Rendi come la notte la tua ombra in pieno mezzogiorno; nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi. Siano tuoi ospiti i dispersi di Moab; sii loro rifugio di fronte al devastatore. Quando sarà estinto il tiranno e finita la devastazione, scomparso il distruttore della regione, allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine, vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia».

SALMO Sal 149

Cantino al loro re i figli di Sion.

Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion. R

Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria. R

Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca,
questo è un onore per tutti i suoi fedeli. R

EPISTOLA 1Ts 3, 11 – 4, 2
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi

Fratelli, voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù guidare il nostro cammino verso di voi! Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

VANGELO Mc 11, 1-11
✠ Lettura del vangelo secondo Marco

In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.

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Breve estratto dal "Commento Biblico a cura di Gianantonio Borgonovo"
(tratto dal Portale della Diocesi Ambrosiana ChiesadiMilano)

PER LA NOSTRA VITA 
Il mistero della debolezza di Dio è quello della sua autentica onnipotenza: mistero messo in luce con la vita, la passione e la croce di Gesù, mistero nascosto nell’essenza profonda della chiesa, nell’esistenza crocifissa dei santi. Nel corso degli attacchi che dovette subire, Gesù fu sicuramente tentato nella sua piena umanità, assunta nel contesto di un popolo e di un’epoca ossessionati da un messianismo combattivo, di prendere di persona il potere per le vie della violenza. […] In Galilea, era circondato da un potente movimento popolare che voleva «venire a prenderlo per farlo re» (Gv 6,15). Fu allora che decise di concentrarsi sul «piccolo gregge» dei suoi discepoli, e di andare a portare la lotta al cuore stesso del potere: a Gerusalemme, sede del potere religioso ebraico, che si serviva di Dio per asservire l’uomo, e sede del potere politico romano, che asserviva l’uomo per farsi Dio. Allora ci furono la croce, la risurrezione, la pentecoste, l’effondersi della grazia come forza semplicemente buona, vivificante, al di là delle ambivalenze del mondo decaduto in cui non c’è mai vita senza morte, amore senza odio, forza senza violenza. […] Il potere di Cristo, potere della fede e dell’umiltà, si esprime come servizio.

È il Figlio, perché vive così di fronte a Dio, il Padre. Gesù esprime questo riferimento continuo, ininterrotto, proprio all’inizio della passione. […] Il Padre non è so-lo il suo interlocutore, ma la sua origine più vera. Per questo Gesù vive e muore e la sua ubbidienza non è disciplina o sottomissione a una volontà strapotente. È un atteggiamento di affidamento totale al Padre: proprio perché è il Figlio, Gesù può ubbidire, e proprio perché ubbidisce in questo affidamento totale può dire di essere il Figlio. Anche il mondo pagano aveva un concetto di figlio di Dio, secondo categorie di potenza, di genialità o di eroismo. Anche i Giudei avevano un’idea di “Figlio di Dio”, del Messia, come un particolare “Figlio di Dio”, e pensavano al Messia in termini di potenza miracolistica («fai vedere che scendi dal cielo… e dalla croce!»). Ma Gesù non esprime in questi modi la sua identità: la figura assolutamente nuova del Figlio di Dio che Gesù vuole realizzare è quella del Figlio obbediente. Allora si capisce perché si può davvero seguire il Signore anche nella sua passione e dire: «Veramente costui era il Figlio di Dio!». Non meravigliamoci, ma sforziamoci di comprendere come è Dio, imparando tutto da Gesù Cristo, che è il Figlio perché realizza un singolarissimo rapporto di ubbidienza con il Dio dei padri, che è il suo Padre.