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Don Luciano, gennaio. La fede in Dio torni ad essere centrale nella nostra vita   

Martedì 16 Aprile

DOMENICA DELLA VII SETTIMANA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE

La liturgia oggi ci invita a cercare la fonte della gioia, che è la sapienza: la sapienza della vita, la sapienza del cuore. Possiamo vivere in tanti modi, a tanti livelli, con diversi valori. Ciò che conta è discernere il modo migliore di vivere, le scelte migliori da fare per giungere ad «acquistare» il regno dei cieli. Sembrerebbe a prima vista un acquisto come quelli di tutti i giorni: i verbi usati da Gesù sono trovare, vedere, vendere, comprare... mentre rimane un «regalo» che ci viene fatto, un regalo talmente eccezionale che ogni cosa di questo mondo perde valore. E per scoprire la grandezza di questo regalo bisogna avere gli occhi del cuore. Perché non si vede bene che col cuore illuminato da Dio: l'essenziale è invisibile ai nostri occhi di carne.

Salomone ha desiderato possedere la sapienza della vita. Per questo ha pregato Dio di concedergli la saggezza nel governare. San Paolo ci indica la meta a cui è finalizzata la sapienza del cuore: realizzare il disegno del Padre, quello di renderci conformi all'immagine del Figlio. Dunque è un problema di cuore, ma qual è la caratteristica di un cuore sapiente? È un cuore capace di ascolto, un cuore costantemente in ascolto, sia di Dio come degli uomini.

Il Vangelo di oggi ci ripropone alcuni temi, cari al cuore di Matteo, che percorrono trasversalmente tutto il discorso delle parabole del Regno. Del Regno viene affermato il valore inestimabile, ineguagliabile da nessun altro bene e per il quale viene venduto tutto. Bellissime le espressioni "tutto contento, va, vende quello che ha e compra quel campo". Nella parabola della rete e dei pesci si ribadisce la conclusione della fase terrena del Regno con l'inizio della sua fase eterna dove sarà definitivamente separato il bene dal male, i buoni dai cattivi..

Le due parabole del tesoro e della perla preziosa per i quali i due personaggi del vangelo vendono tutto pur di possederli insegnano a scegliere la cosa migliore, anche quando è necessario il sacrificio di tutto il resto.

Gesù vuol dire: il regno di Dio è il valore supremo e, pur di ottenerlo, vale la pena di rinunciare a tutto. Comprendere che il valore assoluto del regno di Dio è il primo nella scala dei valori richiede discernimento e sapienza, perché, se provoca una gioia smisurata, invita anche ad una scelta che comporta la rinuncia a molte cose.

Tutti quelli che hanno raggiunto Dio nel corso dei secoli, tutti i santi della storia del cristianesimo, hanno sacrificato tutto per seguire il regno di Dio. È anche la scelta di tanti uomini e donne di oggi che, prendendo sul serio il vangelo, decidono di seguire fedelmente Cristo secondo la loro vocazione cristiana, in famiglia, nel lavoro o nella vita consacrata.

Ne ho avuto la prova anche in questi giorni incontrando una suora missionaria in un paese tra i più poveri della terra. Parlava del suo lavoro, della sua vita spesa fra bambini bisognosi di tutto, mamme in difficoltà, sempre in apprensione per la guerriglia. Lei stessa è stata sequestrata. Il suo amore per i poveri, il suo affidamento continuo al Signore, la sua condivisione ai problemi di quel popolo le davano una gioia indescrivibile. Fino a dire: "Qui non mi ci trovo più, avete un modo di vivere che non riesco a capire, il mio cuore è là dove ritornerò presto".

Il mistero del regno di Dio affascina a tal punto che, per chi lo scopre nella sua pienezza, non esiste niente di paragonabile a questo mondo. Merita che gli si sacrifichi tutto, perché è l'unica cosa che, da allora in poi darà significato alla vita dell'autentico discepolo di Cristo. Questa è stata la dedizione incondizionata di tutti i grandi convertiti di ogni tempo: per es. san Paolo, che trovò il tesoro quando non se l'aspettava, o S. Agostino che cercò ansiosamente la perla.

Tutti abbiamo bisogno di denaro e di cose materiali per mantenere la casa e la famiglia, oltre che per soddisfare tante spese e necessità. Dio lo sa e la sua provvidenza non ci dimentica. Ma Gesù ha detto: "Cercate prima di butto il regno di Dio e la sua giustizia – cioè il tesoro – e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta".

È triste constatare che molti cristiani non vedono la loro fede in Dio, la loro relazione con Lui e con gli altri, la loro religione e il loro cristianesimo, come un tesoro che allieta il cuore e per il quale vale la pena di sacrificare tante cose e tanti capricci.

Il vangelo del regno per loro non è un lieta novella che libera, ma una cupa fonte di obblighi e conseguenti minacce, cioè una nuova e rassegnata schiavitù legalistica, invece dell'assoluta libertà di chi ama.

Chi comprende il segreto del regno e assimila come criterio e orientamento della sua vita il fondamentale precetto dell'amore, ha trovato il tesoro favoloso, il tesoro nascosto che gli insegna a relativizzare tutto il resto e a mantenersi in equilibrio e felicità.

Vedrà così che la felicità non consiste nell'avere o nello spendere, nell'accaparrare e nel consumare, ma nel condividere e nel dare affetto, denaro e tempo agli altri. Comprenderà anche il paradosso di Cristo quando dice di perdere la propria vita per ritrovarla.

Quel Cristo che è il suo tesoro e la sua gioia.
don Roberto Rossi (dal sito www.liturgiagiovane.it - immagine di copertina dal sito commons.wikimedia.org)

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