V Domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore

Non sei tu solo ad essere te stesso.
Sei presente nelle azioni degli altri uomini,
e questi, senza saperlo,
sono con te in ognuno dei tuoi giorni.
Non precipiteranno
se tu non precipiterai con loro,
e non si rialzeranno se tu non ti rialzerai.

(Khalil Gibran)


Sono parole ardite per ogni uomo quelle ascoltate nella liturgia. Parole non-di uomo.

Ebbe coraggio nel pronunziarle. E l’ascoltò si fece denso e attento proprio perché erano parole nuove. Capaci nel provocare la più affondata intimità.

Hanno l’energia di fondare un nuovo modo di vivere. Un tipo di sentire mai finora sperimentato.

“E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro” (Lc 6, 31). L’invito è quello di non attendere l’altro ma di precederlo, piacendogli “nel bene, per edificarlo” (Rm 15, 2b).

Il problema è comprendere esattamente quello che vorremmo dall’altro.

Cosa attendiamo? La logica del sospetto prende, talvolta (spesso?), il sopravvento in noi. Perché altro è mistero insondabile, mai veramente conosciuto. Il tu è apertura sconfinata alla mia libertà, portatore di novità e insicurezza che sempre destabilizza. Rendendolo nemico alla prima occasione.

Tu diviene mia capacità di essere. È sempre e solo l’altro che dice chi-io-sia.

Ciò che Cristo pronuncia non è mera utopia ma causalità divina: “egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6, 35c). Il manifesto dell’uomo nuovo trova la sua fonte nella trascendenza.

Si può essere capaci di divinizzare la storia solo se ci si lascia umanizzare da Dio.

Le categorie veterotestamentarie dello straniero e dell’eunuco - gli esclusi per Legge - sono il massimo grado di umanità da coinvolgere. Dio stesso diviene loro garante accogliendoli “nella mia casa” (Is 56, 5a.7b) cioè nella Sua eredità.

Lo sdoganamento di stereotipi è abilità divina che chiede di essere appresa. Per analogia: “come il Padre vostro” (Lc 6, 36). Essere come Lui è la buona notizia per l’umanità.

E ciò è possibile unicamente assimilando “gli stessi sentimenti” (Rm 15, 5b) nel duplice senso Cristo-l’altro. Sentire con Lui e sentire con gli altri: questo ci rende davvero umani.

Misura dell’uomo, dunque, è analogia con il Divino. Per questo è detto: “con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6, 38b).

Si tratta di capire quale sia la nostra misura.

Alessandro Mori 2019 da www.liturgiagiovane.org

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