Giovedì 28 Marzo

V Domenica dopo Pentecoste

Il Vangelo è pieno di domande e se ne contano più di duecento. Altro sono le domande che noi facciamo a Gesù, altro sono le domande di Gesù. Anzi, quando qualcuno fa a Gesù una domanda Lui in genere non risponde subito. Ti invita piuttosto a dialogare con Lui, facendoti entrare in una relazione, che una volta iniziata non termina più facilmente.
Qualcosa del genere potrebbe avvenire ascoltando il brano evangelico di questa domenica.
Ci sono domande e domande
Forse c'è una ragione che spiega perché Gesù non risponde subito a certe domande. Perché le ritiene sbagliate. Come la domanda di questo tale: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Una domanda generica, statistica, quantitativa. A Gesù una domanda del genere non interessa. E rispondendo Gesù va per un'altra strada. Perché Gesù non ama che ci mettiamo a fare discorsi sugli altri, sulla salvezza degli altri. Per sapere se sono tanti o sono pochi quelli che si salvano. Non Gli interessa perché una domanda del genere Gli fa capire che a te piace ragionare degli altri senza comprometterti, senza esporti. Tu fai una domanda così e alla fine non ti aspetti neppure una risposta che ti cambia il cuore. Ti piace dire degli altri senza cambiare una virgola della tua vita. Ma la salvezza è una questione più seria, che riguarda tutti e che non è possibile dare per scontata da parte di nessuno.
La porta stretta
Gesù va per un'altra strada: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta". Dando, più che una risposta, un'esortazione. Quasi un imperativo che va in ben altra direzione. Perché ascoltare Gesù significa cambiare registro! Come dicesse: "lascia stare gli altri: sforzati anzitutto tu, datti una mossa. Prenditi le tue responsabilità e cammina". Mentre una domanda sorge spontanea: cos'è la "porta stretta"? Perché sentendo parlare Gesù così ti prende una sensazione di restringimento, di rivisitazione del significato della tua salvezza. Forse l'immagine della porta stretta era più familiare ai contemporanei di Gesù. Quando di sera i portoni dei palazzi o i portali delle città venivano chiusi, lasciando aperta per ogni evenienza una porticina. E se dovevi rientrare tardi capitava che ti dovevi abbassare e inchinare. Come riducendoti alla misura di quella porta stretta. Ricordando un passo del Vangelo di Giovanni, quando Gesù dice: "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo" (Gv 10,9). Perché il restringimento che questa porta richiede è quello di Gesù, della Sua misura. Tanto diversa dalla nostra. Porta che attraversata ti spalanca davanti orizzonti e prospettive che non avresti mai immaginato.
Essere riconosciuti
Certo, una distanza tra noi e Gesù ci sarà sempre. Ma se l'anelito che ci portiamo dentro è quello del Vangelo, Egli ci riconoscerà e mentre attraversiamo quella porta non ci dirà: "voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me". Gesù è chiaro a questo riguardo, esprimendo durezza anzitutto nei confronti di chi per passare sventola un lasciapassare, un visto religioso o gridando qualche appartenenza. Perché "abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Neppure la pratica religiosa basta a Gesù per essere da Lui riconosciuti. La misura del riconoscimento sta altrove e Gesù ce la ripete con una espressione forte: "Allontanatevi, voi operatori di ingiustizia". Importa a Lui che la porta non venga attraversata dagli iniqui. Detto in positivo: a Gesù preme che nella vita per essere salvati ci siamo sforzati di praticare la giustizia. Per questo "verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e sederanno a mensa nel regno di Dio". Vedete, dunque, che la porta stretta non è per pochi? È, piuttosto, la porta dei giusti, la porta di tutti coloro che nei modi più diversi si sono fatti carico dei diritti umani, della loro dignità.
Porta stretta in un certo senso, ma raduno grande. Se solo ci si lascia abitare dal sogno di Dio che vuole abbracciare tutti. Il giorno in cui Dio stesso esulterà di gioia grande vedendo che tutti i suoi figli si riconoscono fratelli, superando l'ingiustizia della distanza e del pregiudizio.

don Walter Magni (www.qumran2.net)

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