SANTISSIMA TRINITÀ - Solennità del Signore

Carissimi amici ed amiche, esploriamo insieme le profondità delle letture bibliche che ci vengono proposte dalla liturgia ambrosiana in questa domenica.

Anzitutto è importante dire che questa domenica in un certo senso vuole riprendere alcuni temi della domenica di Pentecoste, facendoci così transitare dal Mistero della Pasqua a quello della Pentecoste, che ci accompagnerà per tutta l’estate e l’autunno fino alla chiusura dell’anno liturgico.

L’episodio tratto dalla Genesi è proprio una bellissima scena  narrativa, plastica nella sua struttura,  degna di un film. Siamo in Palestina, nell’ora più calda della giornata, un mezzogiorno in cui la luce del sole è una vampa che abbaglia e può stordire, là nelle regioni mediorientali. Abramo, il patriarca capo di un numeroso clan, come si fa nelle regioni desertiche, come i tuareg dell’Africa sahariana,  è seduto quasi in dormiveglia all’ombra delle pesanti coltri della tenda nomadica, probabilmente su un tappeto di spessa lana intrecciata e ritorta. Quello è il momento dei sogni, forse anche dei miraggi… Ma le tre figure dall’aspetto umano che Abramo vede giungere dalla linea dell’orizzonte, non sono un frutto della sua fantasia. No, sono tre Messaggeri Celesti. Ma Abramo ancora non lo sa. Lotta contro la sonnolenza del dopo-pranzo, ma come in altri momenti della sua esistenza, così densa di avvenimenti prodigiosi, il suo animo gli dice che è ad un punto cruciale. Si alza e va incontro ai tre misteriosi personaggi. Li fa oggetto dell’accoglienza tipica dell’oriente. L’ospite è sacro, perché è sempre simbolo di quel Qualcuno che è Dio, che cerca ospitalità nel nostro cuore. Ed i tre ospiti divini, nutriti di ottime vivande, rifocillati, rivelano ad Abramo che sono portatori di un Messaggio di Gioia, di un dono tanto inaspettato quanto inestimabile. Abramo e Sara avranno, pur nella loro vecchiaia, contro tutte le leggi della biologia, un figlio. Con lui continuerà la promessa all’origine della scelta di vita di Abramo, cioè di essere un pellegrino destinato però ad essere il padre di tutte le genti della terra.

Questa storia così toccante, così suggestiva nella sua intimità, ci racconta simbolicamente che cosa è la Trinità. Certo, il dogma della Trinità che noi proclamiamo nel Credo, quello che è stato elaborato dai Concili Ecumenici di Nicea e di Costantinopoli negli anni  dal 325 al 380 d.C., è la più perfetta modalità filosofico-teologica di parlare del Dio Uno e Trino. Ma il messaggio biblico, già anche quello dell’Antico Testamento, è meno preciso ma più immediato, più intuitivo. Da questo messaggio noi possiamo ricavare un’immagine semplice: DIO TRINITÀ È UNA FAMIGLIA, UNA COMUNITÀ.

Il Padre, Origine di Tutto, non vuole pensarsi come un Unico, una solitudine. Mentre si espande nella sua infinitezza, si pensa come una RELAZIONE AFFETTIVA, e genera il Figlio. A sua volta il Figlio risponde al Padre con un atto di amore altrettanto infinito, che si fa PERSONA DIVINA: è lo Spirito Santo.

Ecco allora che l’epistola ai Corinzi di San Paolo sottolinea la relazione di amore tra le persone divine, e ci dice che nessuno può, in nome dello Spirito, non riconoscere Gesù come il Figlio ed il Signore.

Ed il brano del vangelo giovanneo vede Gesù preannunciare, dopo la sua Ascensione al Cielo, la discesa dello Spirito che lui ed il Padre manderanno ai discepoli come Consolatore e comunicatore di tutta la verità sulla vita divina e sulla salvezza.

Carissimi, penso che questo messaggio del Dio Trinitario visto come famiglia o come comunità sia il più efficace modo di sentire la Trinità come una realtà veramente vicina a ciascuno di noi. Noi, come dice un brano del Nuovo Testamento, siamo veramente famigliari di Dio, inseriti nella sua meravigliosa divina famiglia. Noi e tutti i Santi. Spero che questa scoperta possa rendere tutti noi, la Chiesa Universale, una famiglia sempre più unita, e ci possa consentire di aprire le braccia ad ogni uomo o donna offrendogli la nostra fraternità. Amen.
padre Antonello Antonelli


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