PRETI 2018: «MANDATI A TESTIMONIARE IL SIGNORE E LA SUA GIOIA»

In un Duomo gremito sono stati ordinati 29 nuovi sacerdoti, tra cui 23 della Diocesi di Milano. L’arcivescovo, che per la prima volta ha presieduto il rito dell’ordinazione presbiterale, ha chiesto loro di essere annunciatori di gioia in un mondo che ne ha immenso bisogno

Foto da www.chiesadimilano.it

La gioia di cui ogni terra – anche quella ambrosiana – ha un disperato bisogno e l’inquietudine con la quale scuotere le coscienze, invitando alla conversione attraverso la pratica privilegiata della preghiera. L’arcivescovo che ordina 29 nuovi sacerdoti, in un Duomo gremito di migliaia di persone mentre all’esterno tanti ancora attendono di poter entrare, dice con chiarezza cosa significhi donare l’intera vita al Signore facendo il prete. Anche se si proviene da vicende esistenziali differenti, da esperienze che parlano spesso di una vita precedente già impegnata nell’ambito lavorativo, di età e situazioni diverse.

A ognuno si rivolge monsignor Delpini prendendo avvio dal motto scelto dei 23 preti novelli ambrosiani: “E cominciarono a far festa”, con il brano del Vangelo di Luca al capitolo 15. «Avete fatto bene a sceglierlo. Questa terra, infatti, questa Chiesa ambrosiana, questa umanità che ha bisogno di tutto, ha però un bisogno immenso di gioia, di festa». Una gioia che si cerca dappertutto e che, spesso, non si trova. «Perciò avete fatto bene a far risuonare, come titolo del vostro Ministero, la promessa della festa. Devo però dirvi che la gioia non si può comandare; non si può essere lieti per obbedienza e l’invito alla festa non può essere un impegno da imporre. La vostra gioia non basta neppure per voi stessi, figuriamoci se può bastare al desiderio del mondo di sperimentare la festa della gioia».

Quale, allora, l’impegno da proporre a sé e alla gente alla quale si è mandati? La risposta, complessa, è sintetizzata da Delpini, che pare guardare i Candidati a uno a uno, in una parola sola: inquietudine. «Voi, noi siamo solo dei servi. Voi siete i servi dell’inquietudine. Siete incaricati di quella parola, di quella presenza, di quell’inquietudine che visita il figlio lontano, il figlio fallito, il figlio desolato, il figlio perso nella sua vita dissoluta per suscitare in lui la nostalgia di casa. Voi siete mandati per quell’invito a rientrare in se stessi che oggi sembra proibito e impraticabile; per quell’invito che convince alla conversione perché libera dalla disperazione e ricorda che c’è un Padre che aspetta».

Mandati, dunque, non a servire «il principe di questo mondo che ha convinto che il paese in cui siamo destinati ad abitare si chiama desolazione e solitudine», non a predicare la rassegnazione, ma a testimoniare il Signore e la sua gioia, operando come «uomini di preghiera che insegnano a pregare».

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Cernusco sul Naviglio, 11 giugno 2018