“CRISTIANI, COSTRUTTORI DI UNA NUOVA CITTÀ”

Il pellegrinaggio decanale al Santuario della Beata Vergine del Fonte di Caravaggio, che si rinnova annualmente, ha visto questa volta la presenza di monsignor Mario Delpini, vicario generale della nostra diocesi. Che ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica con tutti i sacerdoti presenti. Durante la Messa si è pregato per gli sposi che ricordano quest’anno un loro significativo anniversario di matrimonio e per sacerdoti che festeggiamo un particolare anniversario di ordinazione sacerdotale. Tra questi ultimi, quello del nostro prevosto, don Ettore Colombo, che il prossimo 8 giugno ricorderà il 30° di Messa e del concittadino don Zaccaria Bonalumi, parroco a Seggiano di Pioltello, che il prossimo 9 giugno ricorderà il 25° di Messa.

Dopo la recita del rosario lungo i viali interni del santuario, è iniziata la celebrazione eucaristica accompagnata dalla musica e dai canti di una corale del decanato, in un santuario come al solito gremito di fedeli. Il senso della presenza in questo antico e amato luogo di preghiera e di devozione lo ha ricordato il vescovo che ha presieduto la celebrazione. «Noi siamo venuti qui a Caravaggio – ha spiegato monsignor Delpini - non per andar via dalle nostre città, non per dire che almeno per una sera dimentichiamo i nostri problemi, dimentichiamo la confusione del nostro quartiere, i problemi della nostra città. Non è per questo che siamo venuti qui: quasi a scappare, a creare una parentesi di pace in questo santuario dedicato a Maria della Fonte. Noi siamo venuti qui per contemplare in Maria il principio di quella città che siamo incaricati di costruire».

La città da costruire l’ha tratteggiata molto bene il vicario generale nel corso della sua omelia, che ha aperto con un’esortazione che ha suscitato un’iniziale sorpresa: «Per favore, fate spazio nella vostra città – sono state le prime parole di Delpini - alla città che il veggente ha visto scendere dal cielo, la nuova Gerusalemme. La città santa. Questa città cerca spazio sulla terra. E il veggente dice: “io la vidi scendere dal cielo, la nostra Gerusalemme.” Fate spazio nella vostra città a questa città che ho contemplato nelle parole del veggente». Il riferimento è alla “nuova Gerusalemme” di cui si parla nell’Apocalisse di Giovanni al capitolo 21.

Una città in cui si consola - «La città che ho visto scendere dal cielo non è senza lacrime. Come potrebbe questa tribolata storia umana essere senza lacrime! Ma le lacrime sono consolate. Fate dunque spazio nella vostra città alla consolazione, a quella delicatezza che sa farsi vicino a chi piange per detergere le sue lacrime. La figura di Dio in messo agli uomini si riconosce per questo: perché è un luogo di consolazione. Non domandate chi mi consolerà. Domandatevi piuttosto chi posso consolare?»

Una città bella - «La città che il veggente ha visto nella sua visone è caratterizzata dalla bellezza. Dunque fate sazio a un po’ di bellezza nelle vostre città. La bellezza è semplicità, è ordine, è armonia, è capacità di escludere il chiasso per la musica, è quella cura del particolare che fa si che sia attraente abitare in quella casa, in quel quartiere e in quella città. La bellezza non è una specie di esibizione seducente. La bellezza è un dono di pace. È quel modo di usare il tempo, le cose, i rapporti perché sia bello abitarli e perché ci si trova a proprio agio»

Una città con una fonte che disseta - Nella città vista scendere dal cielo «si offre la sorgente per dissetare. “Darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita”. La città mantiene viva questa sorgente così che la sete possa dissetarsi. Finché camminiamo su questa terra noi viviamo di desideri e di bisogni, che non possono essere disperati come chi immagina di non trovare mai ciò che soddisfi il suo desiderio. Fate spazio nella vostra città a quella fonte che alimenta il desiderio, che dice “non accontentatevi di desideri piccoli e meschini. Desiderate di più, desiderate più vita, più gioia, più amore perché c’è la sorgente che disseta”.»

La città tenda di Dio - Monsignor Delpini, dopo aver tratteggiato la città da costruire, ne ha indicato l’origine: «Questa città che ho visto scendere dal cielo è viva, è bella, è consolazione perché è la tenda di Dio. È caratterizzata dalla presenza di Dio. È il luogo dell’incontro con Dio». Quindi l’invito a fare spazio «nella vostra città a questa possibilità di incontrare Dio, perché senza Dio la sete è destinata a diventare arsura di cui si muore. Senza Dio la bellezza è destinata a diventare una seduzione che rende schiavi. Senza Dio la consolazione è destinata a diventare un inganno che lascia le lacrime ancora più amare.»

Il compito e la responsabilità di ogni credente nel costruire la città - Il vicario generale ha anche indicato il compito e la responsabilità che spetta ad ogni credente, invitandoli a rifuggire la tentazione di isolarsi, di chiudersi in se stessi. «I cristiani oggi devono diventare dei profeti, degli artisti e dei generosi. Ecco noi abbiamo la responsabilità di accogliere nella nostra città la città che il veggente vede scendere dal cielo. Dove si appoggerà questa città bellissima? Noi tutti dovremmo rispondere: “si appoggerà a casa mia. E realizzerò qualche frammento proprio lì dove abito, dove passo il tempo tra i miei famigliari, proprio lì passa la città vista scendere dal cielo.” Noi siamo incaricati di costruire nuovamente la città. Perché sembra che le città si stiano disgregando e i cristiani siano tentati di costruirsi delle aiuole in cui ritirarsi. Ma non è questo il senso delle presenza delle comunità cristiane nel mondo. No, non siamo fatti per restare tra di noi, per costruire una muraglia che ci difenda dai pericoli del mondo. Siamo fatti per guardare questa città che scende dal cielo e vedere che proprio questa città si posa là dove vivo. La città che cerca di consolare, la città che si rivela per la cura della bellezza, dell’armonia, dell’ordine, dei particolari. La città in cui sgorga la sorgente di acqua viva che disseta e che dà motivo per desiderare ancor di più di bere, di avere una sete ancora più grande.»

Cernusco sul Naviglio, 25 maggio 2015