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Don Luciano, gennaio. La fede in Dio torni ad essere centrale nella nostra vita   

Mercoledì 17 Aprile

SOLENNITÀ DELL’ASCENSIONE: “LA GIOIA DEGLI APOSTOLI È ANCHE LA NOSTRA”

Giovedì 14 maggio, per il rito ambrosiano, celebriamo la solennità dell’Ascensione di Gesù. Alle ore 21,00 tutta la Comunità pastorale cittadina è invitata a partecipare alla Messa in chiesa prepositurale.

La solennità dell’Ascensione nel rito ambrosiano, con la recente riforma liturgica, è stata riportata al 40° giorno dopo Pasqua, secondo l’indicazione cronologica che leggiamo negli Atti degli apostoli e secondo la costante tradizione liturgica della Chiesa. «Oltre alla fedeltà al dato biblico e alla tradizione della Chiesa - ha scritto don Marco Navoni - la scelta di celebrare in ogni caso l’Ascensione al 40° giorno dopo Pasqua vuole mettere in evidenza la specificità del calendario liturgico che non deve avere come sua prima preoccupazione quella di adeguarsi in ogni caso al calendario civile, spesso mutabile (come si è verificato con la festa dell’Epifania, prima soppressa e poi riportata alla data tradizionale). In fondo per i primi tre secoli i cristiani celebrarono con fedeltà la domenica, con grandi sacrifici e anche con il rischio reale del martirio, quando la domenica non era ancora giorno festivo, insegnandoci che la partecipazione alla liturgia dipende più dalle convinzioni che dalle comodità di calendario.»

Nel Vangelo secondo Luca (24,36b-53), che sarà proclamato nella solennità dell’Ascensione, si legge che Gesù risorto apparve ai discepoli nel cenacolo: «(Gesù) allora aprì loro la mente per comprendere le Scrittu­re e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predica­ti a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testi­moni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li be­nedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

«Gesù, dopo il suo invito (ai discepoli) ad accostarsi alle Scritture, apre loro la mente: l'uo­mo da solo non può fare nulla, tantomeno riesce a capire la Parola del Signore se non vi è un Altro che gliela ricorda e gliela spiega. L'Altro è lo Spirito che Gesù promette agli apostoli prima della sua ascensione al cielo. E nasce di nuovo l'attesa: in fondo la vita del credente è tutta un'attesa operosa. Il popolo d'Israele attendeva i tempi messianici. Coloro che hanno riconosciuto in Gesù il Messia, dopo la sua Pasqua, aspettano lo Spirito Santo. Noi oggi attendiamo la sua ultima venuta. E nel frattempo che cosa accade? Gli apostoli apprendono di essere chiamati a far conoscere “a tutti i popoli la conversione e il perdono dei pec­cati, cominciando da Gerusalemme”. Gesù conduce poi i disce­poli verso Betania dove, sotto i loro occhi, li benedice, si stacca da loro e “veniva portato su, in cielo”. Gesù deve entrare nel mondo di Dio perché la nostra attesa sia operosa. Per questo negli apostoli scaturisce la grande gioia, che origina la lode pe­renne. La gioia degli apostoli è anche la nostra e, speriamo, ci accompagni nel cammino tutti i giorni della nostra vita.» (Commento di Fernanda Vaselli, La tenda, Ancora)

Cernusco sul Naviglio, 11 maggio 2015