A MESSA NEL CARCERE DI SAN VITTORE
Un gruppo di giovani dei nostri oratori ha animato la Messa dell’Epifania nel carcere di San Vittore a Milano. Già in passato era stata vissuta un’analoga esperienza. Un incontro che non lascia indifferenti
Don David con adolescenti e giovani davanti
all’ingresso del carcere di San Vittore a Milano
(Foto da: UPG Cernusco Facebook)
Nella festività dell’Epifania del Signore, lo scorso 6 gennaio, una quindicina di adolescenti e giovani della nostra Unità Pastorale Giovanile, guidati da don David Maria Riboldi e dal seminarista Andrea Scaltritti, hanno animato la Messa nel carcere di San Vittore di Milano. Un’esperienza vissuta molto intensamente dal gruppo, che si era preparato nei giorni precedenti.
Non è la prima volta che i giovani dei nostri oratori varcano la porta del carcere di San Vittore. Infatti, già nel 1998 don Paolo Steffano, allora assistente dell’oratorio Sacer, propose un’analoga esperienza. A distanza di circa vent’anni da quella prima volta, non hanno perso d’attualità le impressioni che ne ricavarono i partecipanti di allora.
«L’impatto con il carcere – scrisse una partecipante all’iniziativa del 1998 su Voce Amica di marzo dello stesso anno - è stato piuttosto brusco: dopo gli inevitabili controlli, abbiamo sentito chiudere dietro ognuno di noi i cancelli che ci separavano ormai dalla realtà esterna. La Santa Messa è stata molto toccante: le parole del sacerdote rivolte ai detenuti, chiusi dietro quelle enormi griglie, in realtà colpivano anche noi per la loro immediatezza e verità. E mentre anche il nostro canto si alzava prima un po’ insicuro poi sempre più deciso, abbiamo scrutato i volti dei carcerati, che nello stesso momento ci osservavano.»
«Quando siamo usciti, abbiamo riassaporato per un attimo il senso della libertà... perché in fondo... in carcere quella mattina ci siamo sentiti anche noi in gabbia, sotto controllo, in ogni momento. Secondo me – concludeva la giovane cernuschese - questa esperienza è stata molto significativa ed importante. Siamo partiti un po’ presuntuosi e curiosi: ci sembrava di essere “missionari”, di seguire quelle parole tante volte sentite “ero prigioniero e mi avete visitato” e siamo tornati sicuramente con una ricchezza in più» e cioè «l’aver capito che anche i detenuti sono persone che hanno un valore e una dignità uguale a tutte le altre e che quindi il carcere non deve, come pensano in molti, far soffrire e trattare male, ma deve recuperare e tentare di cambiare.»
Cernusco sul Naviglio, 9 gennaio 2017