PROFUGHI, LE CARITAS LOMBARDE ALLA REGIONE: “MASSIMA COLLABORAZIONE”

«Alla Regione Lombardia va il par­ticolare appello delle Chiese e Caritas lom­barde per la ricezione dello spirito di que­ste note e per la massima collaborazione tra livelli istituzionali nella ricerca del mag­gior bene delle comunità»


Foto archivio SIR – Riproduzione riservata

Lo Stato coinvolga di più le comunità locali nell’accoglienza di migranti e richiedenti asilo, «trasferendo com­petenze e risorse agli enti locali, specie ai Comuni». E le istituzioni imparino a dialo­gare e agire assieme, per il bene di tutti, ter­ritori d’approdo e persone accolte. È un in­vito a 360 gradi, quello formulato dai diret­tori delle Caritas lombarde nel documento Lo Stato dell’immigrazione in Lombardia. Esperienze e proposte. «Alla Regione Lombardia va tuttavia il par­ticolare appello delle Chiese e Caritas lom­barde per la ricezione dello spirito di que­ste note e per la massima collaborazione tra livelli istituzionali nella ricerca del mag­gior bene delle comunità», si legge nel do­cumento. Che chiama in causa la Regione anche su un’altra que­stione drammatica: «La delicata condizio­ne dei migranti minori non accompagna­ti - sempre più giovani, anche di 12-13 an­ni». «Con grande apprensione e commo­zione - scrivono i direttori Caritas - assi­stiamo all’incremento dei numeri, alle dif­ficoltà di collocazione nei centri di acco­glienza deputati, alle "sparizioni" di molti di loro. Anche e particolarmente sui mi­nori chiediamo alla nostra Regione un grande sforzo di umanità e di investimen­to sul futuro per quanto questi giovani pos­sono dare al nostro Paese».

Altro elemento di «criticità» condiviso dai direttori Caritas: «Preoccupano anche nei nostri territori le manifestazioni e le recrudescenze di intolleranza ideologica, persi­no potenziate da movimenti politici». Ulte­riore motivo di preoccupazione messo ne­ro su bianco: «L’alta percentuale di dinieghi alla richiesta di asilo. Un alto numero di per­sone accompagnate dalle Caritas lombar­de, dopo mesi e mesi di attesa, si sono ri­trovate alla fine del percorso convenziona­to senza permesso di soggiorno, ancora bi­sognose di assistenza, ad alto rischio di per­manenza nei territori in condizione di clan­destinità, con tutto ciò che ne consegue e ne può conseguire in termini di dignità, di salute a rischio, di sicurezza per le stesse persone e le comunità ospitanti». Da qui la «domanda» e l’«appello forte» che le Chie­se e le Caritas lombarde fanno alle istitu­zioni: «A quale destino vengono consegnati i migranti salvati dal naufragio nel Mediterraneo? Si sta manifestando infatti una grave incongruenza tra il tempo, le energie e le risorse impiegate nel soccorso in mare e il risultato conseguito. Bisogna quindi pe­nsare e mettere in pratica nuove soluzioni, che non si costruiscono evidentemente con i muri, né, come è stato ipotizzato, con l’affondamento delle imbarcazioni nei por­ti di partenza, con le espulsioni e, tanto­meno, con la propagazione dell’odio e del conflitto pseudo-religioso». (Fonte: Avvenire, 15 ottobre 2016)

Per approfondire e leggere il testo completo del documento delle Caritas lombarde, vedi allegato .

Cernusco sul Naviglio, 24 ottobre 2016