Giovedì 28 Marzo

PAPA FRANCESCO SULL’ISOLA DI LESBO. NO ALL’EUROPA DEI MURI

“Sabato prossimo (16 aprile, ndr) – ha annunciato Papa Francesco - mi recherò nell’isola di Lesbo, dove nei mesi scorsi sono transitati moltissimi profughi. Andrò insieme con i miei fratelli il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymus per esprimere vicinanza e solidarietà sia ai profughi sia ai cittadini di Lesbo e a tutto il popolo greco”.

Per il suo viaggio a Lesbo, il Papa al termine dell’udienza generale dello scorso 13 aprile ha chiesto ai fedeli presenti in Piazza San Pietro di accompagnarlo con la preghiera “invocando la luce e la forza dello Spirito Santo e la materna intercessione della Vergine Maria”. L’isola di Lesbo, nel Mar Egeo, è divenuta in questi mesi meta di migliaia di rifugiati in fuga dai paesi in guerra. Scopo della visita è “contribuire alla presa di coscienza della comunità internazionale" di un problema umanitario.

Mentre l’Europa alza muri di fil di ferro, chiude le frontiere e con accordi politici pagati profumatamente miliardi di Euro rispedisce alla Turchia i rifugiati, parte “l’offensiva umanitaria” dei leader delle Chiese cristiane. E’ stato il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia a dare per primo la notizia della visita sull’isola del mar Egeo, da mesi diventata meta obbligata di migliaia di rifugiati in fuga dai Paesi in guerra dal bacino del Mediterraneo e dalla regione del Medio Oriente.


L’isola di Lesbo (Foto AFP/SIR – Riproduzione riservata)

L’annuncio dell’incontro dei tre leader cristiani non poteva cadere in un tempo più significativo. E’ iniziato il 4 aprile proprio dalle isole greche di Lesbo e Chios il piano di rimpatri dei migranti verso la Turchia, stabilito dall’accordo siglato il 18 marzo scorso tra Bruxelles e Ankara. Un accordo che è stato fortemente criticato da associazioni ed ong e che deve aver scosso in profondità anche le Chiese cristiane europee. Hanno così deciso ancora una volta di mettere da parte rivalità antiche, dissensi dottrinali e lontananze durate secoli di fronte al dramma umanitario di migliaia di uomini, donne e soprattutto bambini che disperatamente cercano di raggiungere l’Europa cavalcando le onde del Mediterraneo o percorrendo le rotte dei Balcani.

L’incontro dei tre leader cristiani sull’isola di Lesbo – ha fatto sapere la Chiesa ortodossa di Grecia – non sarà una visita ufficiale o di protocollo ma avrà un carattere “umanitario e simbolico” e con l’obiettivo di “contribuire alla presa di coscienza della comunità internazionale per una cessazione immediata delle ostilità nella regione del Mediterraneo e del Medio Oriente, che colpiscono fortemente le comunità cristiane”. Le Chiese vogliono aprire gli occhi dell’Europa alla “emergenza di un grande problema umanitario causato da rifugiati disperati che cercano un futuro migliore nel continente europeo”.

Per dare un segnale forte di unità delle Chiese ortodosse – importante anche in vista del Sinodo panortodosso che si svolgerà a Creta a fine giugno – sull’isola di Lesbo a fianco di Sua Beatitudine Hieronymos ci sarà anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Anche lui – si legge in un comunicato diffuso dal Fanar – sta seguendo con “preoccupazione” lo “sviluppo dei conflitti nella regione del Medio Oriente”, “la persecuzione dei cristiani” e “l’ondata dei rifugiati” lungo le rotte verso l’Europa. L’auspicio di Bartolomeo è che la visita all’isola greca di Lesbo possa anche spingere le “istituzioni competenti” a promuovere iniziative per la protezione delle comunità cristiane e trovare “giuste soluzioni” per la situazione dei rifugiati.

Papa Francesco ha lanciato più volte appelli a favore dei rifugiati convinto che “il modo in cui affrontiamo tale fenomeno è una prova della nostra umanità, del nostro rispetto della dignità umana e, prima ancora, della nostra solidarietà con i fratelli e le sorelle nel bisogno” (Uganda, 2015). Il primo viaggio del suo pontificato lo fece l’8 luglio del 2013 proprio sull’isola di Lampedusa da dove denunciò per la prima volta la “mondializzazione dell’indifferenza”. L’ultimo segno forte di vicinanza ai migranti l’ha manifestato lo scorso giovedì santo, il 24 marzo, quando si è recato in un centro di accoglienza per richiedenti asilo nel Cara di Castelnuovo di Porto.

A Lesbo papa Francesco non sarà solo. Avrà al suo fianco due leader importanti del mondo ortodosso. E’ la cifra di un ecumenismo che aprendosi alle grandi sfide della storia, ai dolori e alle ferite che attraversano l’umanità, trova un terreno fertile di incontro e dialogo. Sono troppo gravi i problemi delle società moderne per rimanere chiusi nelle proprie dispute. Le Chiese lo hanno capito. Ed hanno capito che è arrivato il tempo di unire la loro voce per scuotere le coscienze, arrivare laddove la politica non riesce, e annunciare insieme al mondo il Vangelo della vita e della Misericordia.


Foto archivio SIR (Riproduzione riservata)

È da registrare con preoccupazione anche quanto sta succedendo al Brennero, al confine tra Austria e Italia. “L’Europa ha bisogno di soluzioni comunitarie e non di nuove barriere”. Con queste parole monsignor Ivo Muser, vescovo di Bolzano-Bressanone, ha stigmatizzato la decisione delle autorità austriache di erigere un muro anti-migranti al Brennero, al confine con l’Italia. “Se le persone intravedessero una prospettiva futura nella loro patria, non rischierebbero la loro vita per venire in Europa – ha osservato il vescovo – bisogna creare le condizioni necessarie perché essi possano vivere nella propria terra in pace e in libertà”. Per monsignor Muser “il flusso di profughi provenienti da Paesi dove una vita in pace e in libertà non è possibile, non è un’ondata migratoria di alcuni mesi, ma un movimento di massa che si protrarrà per anni. È comprensibile che vi siano timori, incertezze e fatiche nell’affrontare la questione dei profughi. Tuttavia questi timori non devono essere utilizzati come mezzo politico contro i profughi. Non esistono soluzioni semplici. Sono convinto che ci possa essere soltanto una soluzione comunitaria”. Il presule si dice convinto che “l’emergenza profughi è una sfida che l’Europa può affrontare. Quando però singoli Paesi si tirano indietro, lasciando quindi che la responsabilità comune ricada su pochi, questi pochi non ce la faranno. O affrontiamo questa sfida in modo comunitario, come una questione europea, oppure siamo destinati a fallire, se gli interessi che ci guidano sono soltanto quelli del proprio Stato, oppure quando alcuni stati membri dell’Unione europea vengono lasciati da soli”.

“A che cosa serve celebrare l’Anno della misericordia, se poi siamo duri di cuore nei confronti del prossimo?” - In merito alle iniziative al Brennero, la “prima preoccupazione” di monsignor Muser “non risiede nel fatto che l’economia e il turismo potrebbero avere risvolti negativi, ma va soprattutto a quelle donne, a quegli uomini e a quei bambini in fuga che hanno bisogno del nostro aiuto. Il loro grido di aiuto – la loro fuga non è nient’altro che questo! – richiede la nostra attenzione. A che cosa serve celebrare l’Anno della misericordia, se poi siamo duri di cuore nei confronti del prossimo?” Per questo motivo l’emergenza profughi è “un compito per noi come cristiani.” (fonte: Agenzia SIR)

C&A

Per approfondire:
- “Guardare a Lesbo con la coscienza inquieta”,
cliccare qui
- “Nell’isola di Lesbo la Caritas assiste i più vulnerabili”, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 14 aprile 2016