BUONA PASQUA, SPERIMENTANDO IL CRISTO RISORTO NELLA VITA DEI FRATELLI E DELLE SORELLE. E NELLA NOSTRA

Dell’evento fon­damentale della nostra fede in Gesù Cristo, e cioè la sua risurrezione, non sappiamo praticamente nulla. Che co­sa sia davvero successo quella notte, i tempi e i modi della risurrezione di Gesù, ci so­no del tutto ignoti. Ma sappiamo - e molto bene! - cosa successe a partire da quella notte a tanti e tanti cristiani sconosciuti in giro per il mondo.

La nostra curiosità, in questo caso almeno anche giustificata, deve incassare un colpo basso: non sappia­mo come Gesù sia risorto. Solo gli artisti hanno provato l’impossibile: in Occidente, immaginandosi Gesù che, tra soldati roma­ni tramortiti o in fuga terrorizzati, spunta trionfalmente dal sepolcro, talvolta incon­gruamente reso come un sepolcro romano, impugnando il vessillo crociato; in Oriente, rappresentandolo piuttosto mentre scende, altrettanto trionfalmente, negli inferi, dopo averne divelto le porte, e, presi per mano gli antenati, cominciando da Adamo ed Eva, li trasferisce in paradiso. Ma niente di tutto ciò è scritto nei Vangeli.

I Vangeli cominciano le loro narrazioni pasquali solo un istante dopo. Al mattino presto, quando le donne si recano meste al sepolcro con gli unguenti utili a terminare la preparazione del ca­davere di Gesù (Lc 24,1). Che oltretutto è partire dai testimoni più inaffidabili che potessero essere lì in quel momento, perché emotivi e troppo coinvolti nei fatti.


Pasqua, risurrezione di Cristo (foto: Siciliani, Gennari / SIR – Riproduzione riservata)

Da un punto di vista mediatico, un autentico flop. Si è «bucata la notizia», cioè non è stata data. E perciò, non c’è stato nemmeno il fatto. Almeno per noi, quotidianamente chiamati a essere testi­moni sì di fatti, ma solo di quelli che, tra­sformati in notizia, qualcun altro decide debbano esserlo, selezionandoli tra molti altri. Per noi, per i quali esiste solo ciò che la tv ci mostra o di cui i giornali ci parlano. Più guardoni, in realtà, che testimoni. Incapaci di prestare davvero attenzione a quello che scorre davanti ai nostri occhi, e che solo tangenzialmente sembra sfiorare la nostra vita. Stanchi spettatori di uno spet­tacolo che non ci piace, rassegnati, almeno fin tanto che queste cose succedono altrove.

La nostra fede nasce nel «niente»: il silenzio di una notte profonda, il vuoto di una tomba, giusto un lenzuolo funebre buttato da una parte. E scaturisce dal racconto che uomini e donne ci hanno trasmesso del loro incontro con il Risor­to, di come la loro vita è improvvisamente cambiata a partire da questo incontro. Non sappiamo che cosa capitò a Gesù quella notte, ma sappiamo - e molto bene! - cosa successe a partire da quella notte a Maria di Magdala, a Pietro, Giovanni, Paolo, Fran­cesco d’Assisi, Antonio di Padova, Carlo Gnocchi, Teresa di Calcutta, Oscar Romero, e a tanti cristiani sconosciuti in giro per il mondo! Il «fatto» della risurrezione è questo: neppure sapere per filo e per segno come possa essere fisi­camente che un uomo sia potuto risorgere - questa è solo la «notizia» - quanto piut­tosto sperimentare in ogni tempo il Cristo risorto nella vita dei fratelli e delle sorelle. E nella mia.

È il nostro augurio di Pasqua: che ognuno abbia a sperimentare la presenza di Cristo nella propria vita e in quella dei fratelli e delle sorelle, a cominciare da coloro che ci sono accanto, nella certezza di «essere amati da un amore antico, fedele e sempre nuovo, capace di dare luce e senso all’umiltà dei giorni, nella verità del cuore che si apra all’azione di Dio.»

Carlo & Ambrogio
(libero adattamento dal testo “Fatti, non notizie” di fra Fabio Scarsato,
Il Messaggero di San’Antonio, aprile 2015)

Cernusco sul Naviglio, 25 marzo 2016