UN PADRE SUGLI SCI

Il primo sogno di Peter Fill, dominatore della Streif a Kitzbühel in Austria: “I miei figli, Leon che oggi compie due anni. E quello in arrivo a maggio, non sappiamo ancora se maschio o femmina”.

“C’è un momento in cui la vita ti ripaga dei sacrifici, degli allenamenti da fachiro, delle levatacce all’alba”. “La discesa che strapazza anche i marziani niente può contro un padre di famiglia”. “Il segno della velocità si chiama Streif, 1665 metri di ghiaccio, salti, emozioni e pericolo. Un tuffo all’inferno”. Sono le tre aperture di altrettanti articoli apparsi su quotidiani nazionali il giorno dopo la strepitosa vittoria dell’italiano Peter Fill sulla pista Streif a Kitzbühel in Austria (lo scorso 23 gennaio, ndr): la più difficile e spericolata che lo sci conosca. La discesa è costata invece ad Akesel Svindal che, dopo un volo mozzafiato, ha purtroppo concluso in ospedale la sua impresa. Rimangono alcune perplessità sulla sicurezza in una gara che fa esplodere nell’atleta il desiderio di superare ogni limite, ma c’è anche un messaggio da cogliere in una vittoria che ha avuto titoli cubitali. Non solo a ragione di uno spettacolo straordinario in cui la preparazione tecnica si è unita allo spessore umano, ma anche perché una gara può essere letta come una metafora della vita. Così almeno pare a chi, ai suoi bordi, considera anche la cronaca sportiva un luogo in cui s’incrociano riflessioni e domande sulla vita.

Peter Fill a chi gli chiede cosa abbia significato vincere la discesa risponde: “Realizzare un sogno, il secondo più bello della mia vita” perché il primo sogno sono: “I miei figli, Leon che oggi compie due anni. E quello in arrivo a maggio, non sappiamo ancora se maschio o femmina”. Ma non finisce qui. Alla domanda sul segreto di questo ritorno vincente, il campione altoatesino risponde: “Il matrimonio a primavera scorsa con la mia fidanzata di sempre Manuela Pitschieler…”.
Risposte che con la lievità e la fecondità della neve entrano, senza volerlo, nel parlare di questi giorni attorno alla famiglia Risposte che dicono di una bellezza superiore a quella di una pista innevata che si chiama Streif incastonata in un fantastico scenario alpino.

Ma Fill sorprende ancora quando aggiunge: “Temevo che la paternità mi privasse della voglia di andare veloce, sbagliavo”. Con la stessa essenzialità delle risposte precedenti dice che dentro la famiglia si vive una libertà inattesa, si scopre che tanto più si appartiene a un “sì per sempre” tanto più si è liberi e, quindi, responsabili. Potrebbero sembrare forzature del pensiero di Fill ma a chi è ai bordi della cronaca appaiono come conferme che si è campioni nello sport perché si è campioni nella vita. E in questa riflessione entra il tema della velocità che sulla Streif ha provocato vittorie, cadute, paure. Si vive in un tempo in cui la velocità è imposta da regole più che ferree, in un tempo in cui la velocità domina, determina vincitori e sconfitti. Ma, dice Fill, la velocità sulla pista di neve ha come premessa irrinunciabile la pazienza e l’assiduità dell’allenamento.

Se nella vita occorre fare i conti con le accelerazioni culturali e sociali è il quotidiano esercizio del pensare e del rafforzare la coscienza che consente di guidare e non di essere guidati dalla velocità. Peter Fill, senza espressamente dirlo, consegna anche questo messaggio con la sua vittoria e le sue risposte. La neve gli ha insegnato il linguaggio di una leggerezza che fa crescere. E così ai bordi della cronaca si prende nota, ancora una volta, che nelle pagine sportive si possono incontrare maestri di vita. Non accade sempre, è vero, ma il 23 gennaio 2016, un padre sugli sci ha scritto una bella pagina, anzi un capolavoro.

Paolo Bustaffa, per Agenzia SIR, 25 gennaio 2016