CLIMA: OLTRE NON ERA POSSIBILE ANDARE

L’accordo di Parigi siglato da 195 Paesi, al termine della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, rappresenta un segnale positivo ma adesso occorre passare ai fatti

Ci sono almeno 5 punti rilevanti nel documento finale di Parigi. La prima questione è la decisione di mantenere la temperatura del pianeta non solo al di sotto dei 2 gradi ma di sforzarsi in tutti i modi per non superare 1,5 gradi. “Fino a cinque anni fa – ha osservato il professore Vincenzo Buonomo, docente di diritto internazionale all’Università Lateranense, intervistato dall’Agenzia SIR – l’obiettivo dei 2 gradi era un traguardo molto lontano, vuol dire che c’è stato un passaggio importante nella Conferenza. Significa anche che all’interno degli Stati c’è una opinione pubblica che fa una pressione non indifferente sui governi”.


Foto d’archivio (AFP/SIR)

L’altro aspetto è il consenso che c’è stato sull’accordo. “Paesi come India, Cina, gli Stati Uniti e l’Europa – ha fatto notare Buonomo – sono partiti con posizioni completamente divergenti. Alla fine si è arrivati ad un consenso che mette insieme 195 Paesi che emettono il 93% dei gas serra”.

C’è poi la questione dei controlli: l’accordo afferma che sono volontari ogni cinque anni. “E’ vero – ha osservato Buonomo – ma anche negli altri trattati in materia ambientale il controllo parte sempre dalla volontà degli Stati. Pensare a strutture di controllo esterne agli Stati è un’idea ancora irrealistica. Almeno oggi, ma a breve sarà una necessità”.

La questione del finanziamento. Nell’accordo si dice soltanto che bisogna finanziare gli obiettivi. La promessa dai Paesi sviluppati è di ‘fornire insieme 100 miliardi di dollari l’anno da qui al 2020’. “Questo elemento – ha spiegato il docente – può significare che c’è stato un cambio di atteggiamento nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Sono stati loro a bloccare una buona parte dei lavori della Conferenza. Dicevano: ‘perché noi oggi non possiamo utilizzare fonti di energia che hanno fatto ricchi i Paesi del Nord del mondo?’”. Riguardo ai finanziamenti previsti nell’accordo, il professore mette le mani avanti: “Bisognerà vedere nei fatti concreti se questo finanziamento ci sarà e in che modo ci sarà. Anche per eliminare la fame si dice che bastano 267 miliardi di dollari fino al 2030, ma questi fondi per il momento non si sono visti. Per questo dico che bisognerà vedere cosa succederà, partendo dalle promesse e arrivando alla concretezza”.

I punti deboli dell’accordo sono almeno 3. Ecco l’elenco del professore Buonomo: “il primo è che non c’è una proibizione nell’uso del carbone come invece si era pensato all’inizio; il secondo è che non si tocca il tema agricoltura che rappresenta uno dei settori dove c’è un forte impatto dal punto di vista delle emissioni ed è un settore strategico per la sopravvivenza del genere umano. Il terzo punto debole è quello di aver escluso le emissioni degli aerei e delle navi per una ‘impossibilità’ di controllo”.

Allora possiamo stare tranquilli per il futuro dei nostri figli da qui a 50 anni? “No – ha risposto deciso Buonomo -, la tranquillità sul piano internazionale non esiste. Esiste la volontà e la buona fede. Se vengono esercitate abbiamo risultati positivi. Non può esistere tranquillità perché, molto spesso, significa solo immobilismo”. (fonte: Agenzia SIR)

C&A

Cernusco sul Naviglio, 21 dicembre 2015