Venerdì 29 Marzo

Grande festa per i 30 anni del CAV!

E’ stato un momento di grande festa, il cinema teatro si è subito riempito, abbiamo ascoltato le belle e toccanti parole che ci hanno emozionato sia del parroco mons. Luciano Capra sia del sindaco dr. Ermanno Zacchetti e un breve saluto e ringraziamenti del presidente del CAV che chiudeva ricordando una frase di Santa Teresa di Calcutta: “Questo bimbo non ancora nato è stato concepito per una grande cosa: amare ed essere amato”.

A tutti i partecipanti, prima di entrare, era stato consegnato un volantino dove erano raccolte tre testimonianze di mamme, scritte nell’arco degli anni al CAV, qui sotto trascritte, che vi invito a leggere. Sono tre storie molto diverse tra loro, ma tutte raccontano la gioia di queste mamme per aver portato a termine la loro gravidanza e questo è per noi volontarie motivo di orgoglio perché tutti i bimbi che aiutiamo a nascere sono un po’ anche nostri “figli”: la prima storia racconta di due sedicenni, che aiutati con il progetto Gemma proseguono il loro cammino di genitori e crescono con la loro bambina. La seconda storia racconta il dramma di una ragazza venuta in Italia con tante speranze e che si ritrova sola e senza casa ad affrontare una maternità. La terza è la storia di una famiglia che all’arrivo del quarto figlio rimette tutto in discussione, con tre bimbi piccoli, lei e il marito che devono lavorare e senza l’aiuto dei nonni che sono lontani.

Isolina Cavenago


Con le mamme, con le famiglie, insieme abbiamo affrontato le difficoltà e i problemi che rendono gravosa l’accoglienza di un figlio.
In questi 30 anni abbiamo contribuito alla nascita di 1624 bambini e abbiamo aiutato 2625 mamme a portare a termine la gravidanza e a vivere il periodo successivo al parto più serenamente. Nella nostra casa di accoglienza sono stati ospitati 23 bambini con le loro mamme-famiglie.

Un testamento importante!

Avevamo entrambi 16 anni quando ci siamo resi conto di aspettare un bambino. Eravamo nel panico più totale, cosa fare, come dirlo alle nostre famiglie che già non navigavano in acque tranquille. Una via d’uscita c’era e non sembrava neanche particolarmente difficile ma... Fu quel ma che ci condusse al CAV dove, dopo le prime difficoltà e titubanze, riusciamo a raccontarci e nell’ascolto attento e sereno delle persone che ci hanno accolto abbiamo capito che non saremmo più stati soli e forse fu proprio da quel primo incontro che decidemmo che la nostra bambina sarebbe nata. La casa, il lavoro erano solo due delle tantissime difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, ma con noi c’era il CAV e c’era quell’unica entrata certa: il Progetto Gemma attivato per noi. Ce l’abbiamo fatta e noi siamo cresciuti insieme a nostra figlia. La signora che aveva finanziato il nostro Progetto Gemma si è sempre ricordata di noi in occasione del S. Natale e dopo tanti anni alla sua morte nel suo testamento ha voluto ricordare quella “figlia adottiva” mai vista se non in foto e attraverso le lettere del CAV.

Ospitata nella casa di accoglienza

Ero venuta in Italia con tante speranze ma ben presto ho dovuto fare i conti con la dura realtà. I miei studi non avevano alcun valore e quindi mi sono dovuta adattare a lavoretti saltuari come colf o badante. Vivevo presso una famiglia e in una stanza con altre due donne avevo un posto letto che faticavo a pagare e che dovevo lasciare quando sarebbe nato il mio bambino. Si perché sono rimasta incinta e quel fidanzato che voleva costruire con me un bel futuro, alla notizia della mia gravidanza è sparito. Anche le signore presso le quali lavoravo, poche ore in nero, mi hanno subito licenziata.  Qualcuno mi parlò del CAV e io rassegnata senza capire bene cosa chiedere e cosa aspettarmi ci vado. Era difficile per me raccontare tutti i guai che mi perseguitavano. Mi hanno ascoltato senza interrompermi senza fare domande senza giudicare. Alla fine mi sentivo meglio: avevo tirato fuori tutta l’amarezza delle mie delusioni e frustrazioni. Avevo la sensazione di essermi confidata con delle amiche che adesso mi stavano dicendo tutto quello che avrebbero potuto fare per me e il mio bimbo qualora avessi deciso di portare a termine la gravidanza e siccome non riuscivo più a pagare il posto letto mi avrebbero ospitato nella loro casa di accoglienza. Il mio bimbo è nato, è una meraviglia, è la mia ragione di vita, sto ricominciando a camminare con le mie gambe e tutto questo grazie al CAV.

Da sconosciute ad amiche

Sono una mamma di 4 bimbi e ne sono orgogliosa, anche se l’arrivo del mio ultimo piccolo non è stato assolutamente voluto, anzi scoprire l’attesa è stata per me una notizia sconvolgente tanto da essere decisa ad “eliminare il problema”, se così si può dire. Ho pianto e mi sono disperata sino al momento in cui sulla mia strada ho incontrato le ragazze del CAV. Per essere sinceri ho pianto tantissimo anche in loro presenza senza il minimo ritegno. Loro erano lì che ascoltavano tutti i miei dubbi e le mie debolezze, perché io ero sicura di non farcela ad andare avanti con un quarto figlio. Gli altri tre erano ancora piccoli e io avrei dovuto continuare a lavorare. I nonni erano tutti lontani e non potevo contare se non sull’aiuto di mio marito. A tutte le paure, quelle donne, che in quel momento erano per me delle sconosciute, trovavano una soluzione e il futuro non sembrava più tanto nero. Parlando, parlando, alla fine non erano poi così tanto sconosciute anzi erano le amiche, le sorelle e forse anche un po’ la mamma alla quale ognuno si apre nei momenti di sconforto. Loro mi hanno aiutato a credere in me stessa, erano sempre pronte per un aiuto, così il 2 gennaio è nato il mio Angelo anche grazie alle mie nuove amiche del CAV.