Giovedì 28 Marzo

L’ARCIVESCOVO RICHIAMA LA CENTRALITÀ DELLA FAMIGLIA, “RISORSA DETERMINANTE, CELLULA VIVENTE”

Il ‘Discorso alla città’, alla vigilia della festa di Sant’Ambrogio, patrono di Milano e della Diocesi, offre molti spunti di riflessione. “La convivenza in città sarebbe più serena e la presenza di tutti più costruttiva se, dominando l’impazienza e le pretese, potessimo essere tutti più ragionevoli, comprensivi, realisti nel considerare quello che si fa, quello che si può fare per migliorare e anche quello che non si può fare. Ecco: siamo autorizzati a pensare, ad essere persone ragionevoli”.

Foto sopra e pagina iniziale da www.chiesadimilano.it

Nel ‘Discorso alla città’, in occasione della festa di Sant’Ambrogio, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, parla della necessità di un recupero di fiducia, da parte dei cittadini, nelle istituzioni pubbliche, anche mediante “semplificazioni ragionevoli” delle procedure e della burocrazia. Occorre d’altro canto favorire “il recupero di una fiducia tra i cittadini, e tra cittadini e pubblica amministrazione. Non servirà semplificare le procedure se perdura il sospetto sul cittadino come incline a delinquere e se rimane radicata nel cittadino l’inclinazione alla litigiosità e alla suscettibilità che è insofferente delle regole del vivere insieme e del rispetto reciproco. Il rispetto delle regole e del prossimo è un frutto del senso civico, del senso di appartenenza alla comunità, della persuasione che il bene comune del convivere in pace sia da anteporre all’interesse privato momentaneo”.

I tre aspetti segnalati (le pretese indiscutibili, il consenso emotivo, le procedure esasperanti, riassume il vescovo) “sono buone motivazioni per formulare il desiderio di una ragionevolezza diffusa. Siamo infatti autorizzati a pensare: essere persone ragionevoli è un contributo indispensabile per il bene comune. Questo evoca la solidarietà/fraternità della condivisione relazionale. Nella comunità del pensare riflessivo, e non del vociare emotivo, si riconosce, si promuove, si custodisce e si propizia l’umano-che-è-comune”.

“Chi presta un servizio pubblico alla comunità deve confrontarsi ogni giorno con la gente e viene messo alla prova continuamente dalle persone che aspettano, dalle persone che chiedono, dalle persone che hanno fretta. Ci vogliono molta pazienza, capacità di relazione… mentre alle spalle premono impazienti molti altri che pure hanno diritto ad essere serviti”: è un successivo passaggio del discorso alla città dell’Arcivescovo, pronunciato alla vigilia della festività patronale in una basilica di sant’Ambrogio gremita, dinanzi al sindaco di Milano Sala e al presidente della Regione Fontana. Fra l’altro ha poi aggiunto Delpini ci sono “persone che vivono le loro legittime aspettative con atteggiamenti di pretesa arrogante”. Ma “il comportamento di fronte a uno sportello è solo il sintomo di una sensibilità che si è ammalata di suscettibilità, di un pregiudiziale atteggiamento di discredito verso le istituzioni e in particolare verso i servizi pubblici più vicini ai cittadini”.

“La convivenza in città sarebbe più serena – afferma Delpini - e la presenza di tutti più costruttiva se, dominando l’impazienza e le pretese, potessimo essere tutti più ragionevoli, comprensivi, realisti nel considerare quello che si fa, quello che si può fare per migliorare e anche quello che non si può fare. Ecco: siamo autorizzati a pensare, ad essere persone ragionevoli”.

L’Arcivescovo si è poi soffermato su alcune caratteristiche del linguaggio politico odierno: “Nel dibattito pubblico, nel confronto tra le parti, nella campagna elettorale, il linguaggio tende a degenerare in espressioni aggressive, l’argomentazione si riduce a espressioni a effetto, le proposte si esprimono con slogan riduttivi piuttosto che con elaborazioni persuasive”. Tuttavia “credo che il consenso costruito con un’eccessiva stimolazione dell’emotività dove si ingigantiscano paure, pregiudizi, ingenuità, reazioni passionali, non giovi al bene dei cittadini e non favorisca la partecipazione democratica”.

La partecipazione democratica e la “corresponsabilità per il bene comune crescono, a me sembra, se si condividono pensieri e non solo emozioni, informazioni obiettive e non solo titoli a effetto, confronti su dati e programmi e non solo insulti e insinuazioni, desideri e non solo ricerca compulsiva di risposta ai bisogni”. Da qui l’invito “ad affrontare le questioni complesse e improrogabili con quella ragionevolezza che cerca di leggere la realtà con un vigile senso critico e che esplora percorsi con un realismo appassionato e illuminato”. L’arcivescovo di Milano confida sulla “ragionevolezza”, sul “buon senso”: “Occorre riscoprire la cultura e il pensiero che danno buone ragioni alla fiducia, alla reciproca relazione”. “Insomma – insiste – siamo autorizzati a pensare”.

In questo percorso di conoscenza, pensiero, recupero del senso civico, servizio al bene comune, monsignor Delpini individua alcuni percorsi e possibili contributi. Chiama in causa le “accademie”, le scuole, le istituzioni culturali, invitate a produrre “un pensiero politico, sociale, economico, culturale che superando gli ambiti troppo isolati delle singole discipline possa aiutare a leggere il presente e a immaginare il futuro”. La Milano “concreta”, “allergica alle chiacchiere”, deve coltivare “un senso di responsabilità che ci impegna a un esercizio pubblico dell’intelligenza, che si metta a servizio della convivenza di tutti”.

Il vescovo mette in guardia: “Pensare non è solo analisi e calcolo”, richiede invece “una visione di futuro” che, fra l’altro, “intenda l’Europa come convivenza di popoli”. “La complessità e le problematiche che hanno segnato il concreto configurarsi dell’Unione europea richiedono una ripresa delle intenzioni originarie: i cittadini d’Europa erano e sono persuasi che siano da preferire l’unione alla divisione, la collaborazione alla concorrenza, la pace alla guerra. Siamo impegnati e motivati per una partecipazione costruttiva alle vicende europee: vogliamo dare volto all’Unione europea dei popoli e dei valori, che pensi i suoi valori e le sue attese nella concretezza storica del tempo presente e di quello a venire, e che non si occupi di beghe e di interessi contrapposti”.

Nella parte finale del Discorso alla città, Delpini ha sottolineato il valore della Costituzione italiana: “ci ricorda innanzitutto un metodo di lavoro, che vale anche per noi: le differenze si siedono allo stesso tavolo per costruire insieme il proprio futuro” e l’impegno e le responsabilità degli amministratori locali, per poi soffermarsi sul tema delle migrazioni. A tale riguardo ha dichiarato: “In una considerazione pensosa delle prospettive del nostro tempo si dovrà evitare di ridurci a cercare un capro espiatorio: talora, per esempio, il fenomeno delle migrazioni e la presenza di migranti, rifugiati, profughi invadono discorsi e fatti di cronaca, fino a dare l’impressione che siano l’unico problema urgente”.

Monsignor Delpini ha infine indicato “problematiche emergenti e inevitabili”: la crisi demografica; “la povertà di prospettive per i giovani”; le difficoltà occupazionali nell’età adulta; “la solitudine il più delle volte disabitata degli anziani”. Il vescovo ha poi sottolineato la centralità della famiglia, “risorsa determinante, la cellula vivente”, che “può tenere insieme le età della vita, la cura per il futuro, la pratica della solidarietà, la prossimità alle fragilità e rendere la città un luogo in cui sia desiderabile vivere, lavorare, studiare, diventare grandi, essere curati e assistiti”. (Fonte: Agenzia Sir, wwww.agensir.it)

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Cernusco sul Naviglio, 7 dicembre 2018