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“OGNI CROCE, ANCHE LA PIÙ PESANTE E ATROCE, È SEMPRE ILLUMINATA DALLA RISURREZIONE DI CRISTO”

Nel Centro Sant’Ambrogio «abbiamo modo di contemplare la Via Crucis stampata nelle membra, nella mente e nel cuore di tanti nostri ospiti. Che proprio nello scorrere delle loro giornate spesso si trovano seduti per terra, schiacciati dal peso del dolore. Questa è anche l’esperienza di ciascuno di noi, in tanti momenti della nostra vita.» Ma la Via Crucis è pure «illuminata da un’altra stazione, quella della risurrezione. Non c’è Via Crucis senza risurrezione!»


Centro sant’Ambrogio dei Fatebenefratelli di via Cavour
In pagina iniziale: foto da www.agensir.it

«Un Samaritano, che era in viaggio, passando accanto (a un uomo incappato nei briganti, ndr), vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino – narra il Vangelo di Luca - gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”». Anche nella nostra città c’è un luogo in cui ogni giorno «pregare, amare, sperare, aiutare e vivere l’esperienza del buon Samaritano», ma molto spesso ce lo dimentichiamo. A ricordarcelo è stato fra Massimo Villa, superiore della Provincia Lombardo-Veneta dei Fatebenefratelli, nella riflessione che ha proposto al termine della Via Crucis del primo venerdì di Quaresima, celebrata, per la previsione di avverse condizioni atmosferiche, tutta all’interno della chiesa del Centro Sant’Ambrogio di via Cavour.

Abbiamo partecipato ad una «Via Crucis illuminata dallo spirito del Sinodo (minore, in svolgimento nella nostra diocesi, ndr) – ha esordito fra Massimo nella sua riflessione - che ci chiede di guadare ad una ‘Chiesa dalle genti’. Questa Chiesa di Milano, di cui anche noi siamo parte, questa sera gode di essere non solo in periferia alla città di Cernusco, infatti siamo qui in fondo, al confine est, ma anche in periferia per gli ospiti che accogliamo nella nostra struttura: ospiti malati di mente, che fanno ancora paura, che ancora spesso vengono emarginati. Ma stasera questa periferia è diventata il luogo in cui Cristo insieme a noi ha vissuto la sua Via Crucis.»

«Quando penso alla Via Crucis – ha aggiunto il religioso - mi piace essere sempre guidato da questa suggestione, che viene dalla contemplazione delle tre stazioni che ci ricordano la caduta di Cristo: la terza, la settima e la nona. Una caduta che parla della fatica anche di Gesù di portare il peso della croce - non tanto quello della croce di legno, che pur doveva essere pesante - ma quello della sofferenza e della fatica di una benedizione: cioè di riportare l’umanità intera, che pesava sulle sue spalle, a causa del peccato, in cima al Calvario. Umanità che ha redento e risorto.»

«E mi piace legare queste tre stazioni – è la seconda suggestione proposta dal superiore dei Fatebenefratelli - alle ore della liturgia. Alle ore antiche che segnavano il passo della vita dell’umanità. L’ora terza di prima mattina, l’ora settima intorno a mezzogiorno e l’ora nona nel pieno del pomeriggio. E pensare così che Cristo, con queste cadute, con questa fatica di portare la croce, di portare il dolore, segna le nostre giornate. Le ore della nostra vita. Segna il cammino della nostra esistenza.»


Fra Massimo Villa, superiore provinciale dei Fatebenefratelli (foto d’archivio)

«In questo nostro istituto – ha proseguito Villa - abbiamo modo di contemplarlo immediatamente questo cammino: la Via Crucis stampata nelle membra, nella mente e nel cuore di tanti nostri ospiti. Che proprio nello scorrere delle loro giornate spesso si trovano seduti per terra, schiacciati dal peso del dolore. Ma questa è anche l’esperienza di ciascuno di noi, in tanti momenti della nostra vita.»

«Pensando alla Via Crucis di questa sera – è stata la sottolineatura di fra Massimo - mi piace pensare che è illuminata anche da un’altra stazione, quella della risurrezione. Non c’è Via Crucis senza risurrezione!»

«È stato così per Cristo» ed è «anche la nostra esperienza. Su ogni fatica e dolore – ha aggiunto il Provinciale - splende la luce del Risorto. Perché, come ricordava don Tonino Bello, commentando le stazioni della Via Crucis, ‘sulla croce più di tre ore non si sta’. Poi si scende da quella croce non per abbandonare la vita, ma per viverla in pienezza attraverso la risurrezione.»

«Guardate il Crocifisso sopra il presbiterio: – è stato l’invito di Villa - “ha proprio l’espressione di un Cristo che è lì tra il crocifisso e il risorto, come a dire che ogni croce, anche la più pesante, anche la più atroce, anche la più faticosa, è sempre illuminata dalla risurrezione di Cristo. E noi questa luce della croce la vediamo splendere anche qui». Perchè in questo nostro Centro «l’attenzione di tanti operatori, che accanto alla loro professionalità mettono un cuore innamorato per la dignità della persona, sogni i segni della risurrezione. Che splendono anche là dove il dolore è più forte.»

«Stasera questa periferia è diventata il centro della comunità pastorale - è stata la conclusione del superiore dei Fatebenefratelli - non dimenticatelo! Qui c’è un luogo in cui pregare, amare, sperare, aiutare e vivere l’esperienza del buon Samaritano, che abbiamo meditato nella Via Crucis. Samaritano che si ferma, guarda, contempla e compatisce il dolore degli altri.» Non dimentichiamolo!

Cernusco sul Naviglio, 24 febbraio 2018