IL RICORDO DI PAOLO VILLAGGIO, NEL GENNAIO 2008 ALL’AGORÀ
Nel giorno dell’addio a Paolo Villaggio, ricordiamo il suo passaggio al Teatro Agorà nel gennaio del 2008, interprete di “Serata d’Addio”, tre monologhi ispirati a Cechov e Pirandello.
«Il Teatro Agorà, che ha riaperto il sipario ai “professionisti” dopo due anni di fermo – si legge su Voce Amica di febbraio 2008 - ha registrato una buonissima affluenza di pubblico, la sera del 10 gennaio, per accogliere un personaggio che molti identificano con Fantozzi, ma che in realtà ha lavorato anche con Giorgio Strehler, ha interpretato film, ha partecipato a programmi televisivi e scritto libri. Paolo Villaggio ha presentato “Serata d’Addio”, con la regia di Andrea Buscemi, che poi, per fortuna nostra, non sarà un addio alle scene, da parte di un attore maggiormente conosciuto per i suoi cinquant’anni di cinema, ma che ha saputo tenere inchiodato il pubblico alle poltrone, con tre monologhi, per quasi due ore.»
«Tre monologhi ispirati alle opere di due giganti del teatro, Anton Cechov e Luigi Pirandello, recita la locandina; ma “ispirati” soltanto. Forse solo il tema può essere avvicinato a quei testi, ma Villaggio li ha manipolati, introiettati e fatto suoi, aggiungendo note autobiografiche e non cedendo, se non poche rare volte, alla tentazione di infarcirli di note conosciute, con la voce del ragioniere più tartassato della storia della celluloide. L’attore, qui anche autore, quindi, è da solo, sul proscenio, su una sedia, davanti al pubblico in attesa. Una introduzione che lascia basiti, in cui Villaggio parla amaramente della realtà italiana del teatro e invita gli astanti ad andare a casa a riposare: una violenza, una provocazione, per introdurre, tre temi scottanti, difficili, come la tossicodipendenza, l’addio al teatro - e alla vita, se il teatro lo è? - di un vecchio attore e la bestia che sarà sconfitta solo alla fine, la morte. Tre monologhi diversi, per tre personaggi che forse sono uno solo, che possono essere ognuno di noi, che ci gettano in faccia con ferocia le bassezze, o meglio le debolezze, dell’essere umano.»
Paolo Villaggio è uscito di scena in punta di piedi, senza raccogliere l’ultimo applauso. Attore che ha aperto la strada a una nuova comicità cinematografica negli anni ‘70 e ‘80, ideando e sagomando l’emblematica figura del rag. Ugo Fantozzi. Nato a Genova il 30 dicembre 1932, Villaggio si è spento a Roma all’età di 84 anni, lo scorso 3 luglio, dopo un periodo di malattia. Nella sua vita artistica ha lavorato prima nel cabaret, cui sono seguiti poi la televisione, muovendosi sempre nelle stesse corde comiche emerse nel periodo teatrale, e il cinema, di cui è stato un protagonista di primo piano alternando film comici a storie più drammatiche.
La figura del rag. Ugo Fantozzi nasce dalla sua penna, dai racconti pubblicati nel libro “Fantozzi” nel 1971. L’idea affonda le radici nella sua esperienza professionale come impiegato all’Italsider di Genova, dove osserva il microcosmo lavorativo e lo mette in commedia sottolineando i tanti vizi e le poche virtù del mondo dei colletti bianchi. Paolo Villaggio con la saga di Fantozzi ha tratteggiato un modello narrativo unico nel panorama nazionale.
Cernusco sul Naviglio, 5 luglio 2017