NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONE. A CERNUSCO, IN CONTROTENDENZA, PREVALE IL SÌ

«Gli italiani hanno detto “No” all’ipotesi di riforma della Costituzione sottoposta al vaglio referendario. E lo hanno detto forte e chiaro, andando a votare mai così numerosi (68,48%). Ma soprattutto nelle urne hanno decretato la vittoria del “No” con un 59,11% che è la somma di una infinità di ragioni.» A Cernusco, invece, prevale il “Sì” con il 51,90% e una partecipazione del 77,82%.


La Camera dei Deputati
In pagina iniziale, scheda elettorale della consultazione referendaria
(Foto SIR – Riproduzione riservata)

Il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre ha visto, nella nostra città, un risultato che si differenzia dai dati nazionali. In terra cernuschese il Sì ha ottenuto 10.440 voti (51,90%), mentre il No si è fermato a 9.675 voti (48,10%); 36 le schede bianche e 93 quelle nulle. Alle urne si sono recati 20.244 elettori (9.873 maschi e 10.371 femmine, pari al 77,82%) su un totale di 26.014 di aventi diritto (12.385 uomini e 13.629 femmine). La partecipazione alla consultazione referendaria è stata, quindi, decisamente elevata: superiore alle europee del 2014 (65,81%), alle comunali del 2012 (65,29%), ma inferiore alle politiche del 2013 (82,40%).

A livello nazionale, con il 59,11% dei voti (19.419.507) il No ha vinto al referendum costituzionale. L’affluenza è stata del 68,48% e, in 61.551 sezioni, il Sì ha raccolto il 40,89% dei voti (13.432.208). Gli elettori, dunque, hanno respinto la riforma della Costituzione approvata dal Parlamento. Tra gli italiani all’estero, il Sì ha raggiunto il 64,70% con 722.672 voti mentre il No si è fermato al 35,30% con 394.253 voti. E adesso che cosa ci aspetta?

«Gli italiani hanno detto “No” all’ipotesi di riforma della Costituzione sottoposta al vaglio referendario. E lo hanno detto forte e chiaro, andando a votare mai così numerosi (68,48%). Ma soprattutto nelle urne hanno decretato la vittoria del “No” con un 59,11% che è la somma di una infinità di ragioni. Anche solo elencarle è faticoso: il “voto di pancia” evocato da Grillo; l’onda lunga della protesta contro la “casta”; il vento delle destre che spira fortissimo in Occidente, dagli Stati Uniti di Trump al cuore dell’Europa; il profondo disagio di ampi strati sociali e la mancanza diffusa di lavoro soprattutto giovanile; il tributo talvolta insopportabile da pagare sull’altare della globalizzazione economica; la mancata soluzione del problema dell’immigrazione; un anti-europeismo galoppante; l’avversione militante di due poli (Movimento5Stelle e centrodestra suddiviso in tre tronconi, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) sui tre che occupano la scena politica italiana; la divisione interna del Pd; la personalizzazione del voto referendario da parte del presidente del consiglio.» È quanto scrive oggi Domenico Delle Foglie, direttore dell’Agenzia SIR (per leggere il testo completo, cliccare qui).

«La prima e immediata conseguenza – prosegue Delle Foglie - è arrivata dopo soli 90 minuti dalla chiusura delle urne: le dimissioni irrevocabili di Matteo Renzi dalla presidenza del consiglio, con il riconoscimento di una sconfitta politica di cui si è assunta per intero la responsabilità. Gli atti successivi sono scritti nella prassi istituzionale e costituzionale»

«Ma forse in queste ore e soprattutto nei prossimi giorni – aggiunge il direttore dell’Agenzia - sarà utile ripensare alle conseguenze del voto. Prima fra tutte: il voto referendario oltre ad affermare che gli italiani preferiscono conservare la Costituzione così com’è, porta con sé la consapevolezza di un Paese diviso. La campagna referendaria ha registrato toni eccessivi e persino inaccettabili. Ma noi ci rifiutiamo di dividerci in Guelfi e Ghibellini. Lasciamo ad altri esercitarsi in questa pratica distruttiva. Piuttosto, chiediamo prima alla società civile e poi alle forze politiche, di farsi carico della capacità di costruire ponti, di sbarrare la strada ai fomentatori di odio e ai sostenitori dei muri, di scommettere sulla solidarietà e sulla giustizia sociale; di mettere in fuorigioco i propagandisti della post-verità. In ogni caso l’Italia resta un Paese complesso che ha bisogno di classi dirigenti capaci di governare la complessità.»

«Chi saprà leggere meglio la complessità del Paese – è la conclusione di Delle Foglie - chi saprà rispondere al disagio sociale e alla protesta, chi saprà resistere alle tentazioni della chiusura e della autoreferenzialità, chi saprà proporre un orizzonte di sviluppo nazionale che non prescinda dalla casa comune europea, chi saprà fermare la deriva populista… forse – sottolineiamo forse – avrà il diritto di governare. Diversamente, dovremo tutti abituarci ad altri e diversi paradigmi, a partire da quello della riaffermazione della sovranità nazionale a scapito del disegno europeo.» Con un’ultima sottolineatura: «Forse le prove più serie per il Paese sono tutte davanti a noi, a prescindere dall’esito del referendum. Al presidente della Repubblica la delicata ricerca di un equilibrio oggi difficile da intravvedere.»

Cernusco sul Naviglio, 5 dicembre 2016