"ANCHE NELLA SITUAZIONE PIÙ BRUTTA DELLA VITA, DIO MI ATTENDE”

Nell'udienza dello scorso mercoledì, 11 maggio, il Papa ha esortato i fedeli presenti a leggere la parabola del "padre misericordioso" partendo dalla fine. Per scoprire la "tenerezza" del padre e la "gioia" di sentirci sempre suoi figli. "Non disperare mai", l'invito di Francesco, perché "nessuno può toglierci" la dignità di figli, "neanche il diavolo". A volte, il figlio maggiore siamo noi, quando vogliamo "barattare" con Dio "per un compenso"


Papa Francesco al termine dell’udienza dello scorso 11 maggio (Foto SIR – Riproduzione riservata)

Leggere la parabola del Padre misericordioso partendo dalla fine, cioè dalla “gioia” del padre, per scoprire quanta “tenerezza” ci sia in questa figura che aspetta il ritorno del figlio “continuamente”. È l’invito del Papa ai fedeli presenti in piazza San Pietro. Tutti la conoscono come parabola del figliol prodigo, ma si chiama “parabola del padre misericordioso”, e il Papa la cita continuamente nei suoi pronunciamenti pubblici, aggiungendo però ogni volta un approfondimento in più.

Stavolta l’invito è a leggerla in senso inverso, capovolgendo la cronologia, entrando così in profondità nella “gioia del cuore del Padre”, che dice: “Facciamo festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Sono le parole con cui “il padre ha interrotto il figlio minore nel momento in cui stava confessando la sua colpa: ‘Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio…'”. Espressione “insopportabile” per il cuore del padre: “Gesù non descrive un padre offeso e risentito, un padre che, ad esempio, dice al figlio: ‘Me la pagherai’: no, il padre lo abbraccia, lo aspetta con amore”, perché “l’unica cosa che ha a cuore è che questo figlio sia davanti a lui sano e salvo e questo lo fa felice e fa festa”.

“Quanta tenerezza” nell’accoglienza del figlio che ritorna, sottolinea Francesco a proposito del racconto “commovente”. Il padre “lo vide da lontano: cosa significa questo? Che il padre saliva sul terrazzo continuamente per guardare la strada e vedere se il figlio tornava: quel figlio che aveva combinato di tutto, ma il padre lo aspettava”. “Che cosa bella la tenerezza del padre!”, esclama il Papa: “La misericordia del padre è traboccante, incondizionata, e si manifesta ancor prima che il figlio parli”. Così, le parole del figlio – “ho peccato…trattami come uno dei suoi salariati” – si dissolvono davanti al perdono del padre: “L’abbraccio e il bacio di suo papà gli fanno capire che è stato sempre considerato figlio, nonostante tutto”. “Nessuno può toglierci” la dignità di figli, “neppure il diavolo”, ha commentato Francesco.

Non bisogna “disperare mai”, l’invito di Francesco, che cita le mamme e i papà “in apprensione quando vedono i figli allontanarsi imboccando strade pericolose”, i parroci e i catechisti che “a volte si domandano se il loro lavoro è stato vano”, ma anche “chi si trova in carcere e gli sembra che la sua vita sia finita”, quanti “hanno compiuto scelte sbagliate e non riescono a guardare il futuro” e “tutti coloro che hanno fame di misericordia e di perdono e credono di non meritarlo”. “In qualunque situazione della vita – l’insegnamento della parabola – non devo dimenticare che non smetterò mai di essere figlio di Dio, essere figlio di un padre che mi ama e attende il mio ritorno. Anche nella situazione più brutta della vita, Dio mi attende, Dio vuole abbracciarmi, Dio mi aspetta”.

Il secondo protagonista della parabola è il figlio maggiore, che “non dice mai ‘padre’, non dice mai ‘fratello’, pensa soltanto a sé stesso, si vanta di essere rimasto sempre accanto al padre e di averlo servito; eppure non ha mai vissuto con gioia questa vicinanza”. “Povero padre! Un figlio se n’era andato e l’altro non gli è mai stato davvero vicino!”. Il figlio maggiore, siamo noi quando vogliamo “barattare” con Dio per “un compenso”: “rappresenta noi quando ci domandiamo se valga la pena faticare tanto se poi non riceviamo nulla in cambio”. “La sofferenza del padre è come la sofferenza di Dio, la sofferenza di Gesù quando ci allontaniamo o perché andiamo lontano o perché siamo vicini ma senza essere vicini”, ha concluso il Papa. “La gioia più grande per il padre”, invece, è “vedere che i suoi figli si riconoscano fratelli”. (Fonte: Agenzia SIR)

Per leggere il testo completo della catechesi del Papa, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 12 maggio 2016