Don Luciano, giugno: La domenica è un dono che Dio fa al suo popolo

Carissimi,
terminato il tempo pasquale facciamo nostre le parole che Papa Francesco ci trasmette nella Lettera Apostolica “Desiderio desideravi” al n. 64 in cui scrive: “Nello scorrere del tempo fatto nuovo dalla Pasqua, ogni otto giorni la Chiesa celebra nella domenica l’evento della salvezza. La domenica, prima di essere un precetto, è un dono che Dio fa al suo popolo (per questo motivo la Chiesa lo custodisce con un precetto). La celebrazione domenicale offre alla comunità cristiana la possibilità di essere formata dall’Eucarestia. Di domenica in domenica, la Parola del Risorto illumina la nostra esistenza volendo operare in noi ciò per cui è stata mandata. Di domenica in domenica, la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo vuole fare anche della nostra vita un sacrificio gradito al Padre, nella comunione fraterna che si fa condivisione, accoglienza, servizio. Di domenica in domenica, la forza del Pane spezzato ci sostiene nell’annuncio del Vangelo nel quale si manifesta l’autenticità della nostra celebrazione”.
Il Papa ci richiama l’importanza della celebrazione pasquale di ogni domenica in cui la Chiesa celebra e vive l’evento fontale della sua vita che è la morte e la risurrezione di Gesù.
I primi cristiani ci ricordano che senza la domenica non possiamo vivere. Come mai allora oggi molti cristiani battezzati vivono tranquillamente la domenica non come giorno del Signore ma semplicemente come week-end?
Da più parti in questo tempo si stilano statistiche abbastanza catastrofiche sul futuro del numero dei preti visto il preoccupante calo delle vocazioni. E’ vero, nella diocesi di Milano venticinque anni fa c’erano 2.200 preti, oggi neanche 1.700. Questo ci interpella su come potrà essere la Chiesa del futuro, peraltro, in un certo senso preparata già dal Concilio Vaticano II. Però rimane certo che dove ci sarà una comunità cristiana non potrà non esserci un sacerdote per la celebrazione dell’Eucarestia e per l’annuncio della Parola perché è questo il centro della vita della Chiesa e il suo senso.
Stante il fatto che anche la statistica ha il suo limite che cioè può calcolare ma non prevedere e tantomeno conoscere il futuro con i suoi eventi talvolta inattesi, è lecito domandarsi: in futuro, oltre ai preti, ci saranno ancora cristiani nella nostra Europa? Il calo vistoso non è solo delle vocazioni sacerdotali e religiose ma è tristemente visibile anche nella non-partecipazione alla vita della Chiesa da parte di molti battezzati che pure chiedono ancora i sacramenti per i loro figli.
Quante delle nostre famiglie lamentano che i propri componenti non frequentano più i sacramenti e la chiesa? Perché? Inutile trovare capri espiatori, stiamo vivendo un tempo che a fatica riusciamo a capire. Dio è stato eliminato dalla vita e dal pensiero per cui è diventato un’entità astratta e al più Gesù Cristo un ottimo profeta che parla di pace e di bontà come molti altri profeti nella storia hanno fatto. 
Però, al di là di tutte le nostre statistiche, cosa resterà?
Come qualcuno ha scritto di recente, anch’io penso che l’Eucarestia offerta e celebrata ovunque e in ogni angolo di città e paese è e sarà un dono così grande da colmare ogni vuoto…purtroppo non ce ne accorgiamo più!

Quando i preti saranno così rari e le nostre comunità così esigue forse ci accorgeremo di quanto abbiamo avuto, di quale tesoro abbiamo perso e di quale grande opportunità però vorremmo continuare a far crescere non per un ricordo nostalgico ma perché è la nostra stessa vita ad averne bisogno… al di là dei numeri!

don Luciano