L’Assisi del Nord: il Sacro Monte di Orta
Da Orta San Giulio salgo sulla collina che si eleva al centro della penisola fino all’entrata del Sacro Monte: subito si apre un’incantevole balconata sul lago di Orta, smeraldino, in mezzo al quale è incastonata l’isola di San Giulio con la suggestiva basilica romanica, che presenta un bel pulpito e affreschi medievali, e la ”via del silenzio e della meditazione” che si snoda intorno al Palazzo dei Vescovi e all’Abbazia Benedettina Mater Ecclesiae. Secondo la leggenda l’isola era abitata da serpi e mostri finché nel 390 San Giulio, attraversato il lago sopra il suo mantello e guidato nella tempesta dal suo bastone, vi approdò e fondò una chiesa. Mentre mi accingo ad iniziare la visita ricordo la curiosa gita di cui fu meta il Sacro Monte nel maggio del 1882: il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche e una brillante ragazza russa, Lou Andreas Salomè qui trascorsero quello che fu chiamato l’“idillio di Orta”. La vicenda sentimentale non ebbe seguito, con grande amarezza del filosofo, ma così scrisse Salomè: ”… il vicino Sacro Monte sembrò averci affascinato tanto da farci perdere il senso del tempo..” E tutti sappiamo dei tormenti di Nietzsche… La particolarità di questo Sacro Monte è quella di essere dedicato alla figura di San Francesco. Sull’arco di ingresso leggiamo la scritta: “Qui in ordinate cappelle si vede la vita di Francesco, se desideri saperlo l’autore è amore”. Inizio a visitare le venti cappelle costruite tra il XVII e il XVIII secolo. Il Sacro Monte con il convento annesso fu costruito per volontà di San Carlo Borromeo e dell’Abate novarese Amico Cenobio a partire dal 1590 per accogliere i frati francescani cappuccini. Fu edificato in tre periodi distinti che si protrassero fino al 1785 e vi operarono notevoli artisti tra pittori, scultori e architetti. Nel primo periodo tardo rinascimentale ricordiamo gli scultori Giovanni d’Enrico e Cristoforo Prestinari, i pittori Giovanni Battista e Giovanni Mauro della Rovere detti i Fiammenghini, Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone e Antonio Maria Crespi detto “il Bustino” (in effetti proveniva da Busto Arsizio). Anche allora erano di moda i soprannomi. Nella seconda metà del Seicento quando già il gusto barocco si faceva strada, troviamo lo scultore Dionigi Bussola, protostatuario del Duomo di Milano e attivo anche a Varallo, Varese e Domodossola e i fratelli pittori milanesi Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone. Il percorso si snoda in modo piacevole e non faticoso, ombreggiato da grandi alberi che permettono momenti di frescura anche quando il caldo si fa sentire e parte con la cappella della nascita di San Francesco fino a raggiungere l’affollata cappella finale dove si celebra la canonizzazione del Santo. Gli edifici si susseguono con una incantevole varietà di stili architettonici che mantengono comunque un clima unitario favorevole al silenzio e al godimento estetico e spirituale. Segnalo la cappella della “Rinuncia di San Francesco ai beni materiali nelle mani del vescovo di Assisi” con statue di Francesco Prestinari e affreschi dei Fiammenghini in grandi riquadri. Interessante anche la cappella XI “San Francesco ottiene da Gesù il privilegio dell’indulgenza della Porziuncola” con statue di Prestinari e affreschi del Morazzone. Mi ha inoltre commosso la XVI cappella che descrive il ritorno del Santo ad Assisi poco prima della morte: in essa vediamo uno stuolo di personaggi scolpiti da Dionigi Bussola che attorniano i Francescani e San Francesco; fra di essi i bambini giocano, chi spingendo un compagno seduto su di un carrettino, chi trastullandosi con un cagnetto gioioso, chi con una cordicella. Questo ci ricorda l’intento divulgativo e popolare dei Sacri Monti, un libro animato che tutti potevano leggere e comprendere, tanto vicino alla vita quotidiana. Questo complesso monumentale chiamato anche “Assisi del Nord” termina alla chiesa dei Santi Nicolao e Francesco, rimaneggiata nel ‘600, che contiene diverse opere d’arte tra le quali spicca una scultura in legno risalente al X-XI secolo che raffigura una Pietà, venerata con il titolo di “Madre del Redentore”. Il Sacro Monte di Orta fa parte del gruppo dei nove Sacri Monti alpini in Piemonte e Lombardia già eletti a patrimonio dell’umanità. Anche per questo sarebbe auspicabile un intervento di restauro che ripari le ingiurie del tempo che si evidenziano in alcune cappelle.
Paolo Moraschini