Sulle tracce della bellezza: gli affreschi del Romanino in Santa Maria della Neve a Pisogne (BS)

Passione e Resurrezione di Cristo nella “Cappella Sistina dei poveri”

Sulle tracce della bellezza: gli affreschi del Romanino in Santa Maria della Neve a Pisogne (BS)

Tra Giugno e Luglio del 2016 l’artista contemporaneo Christo realizzò un’installazione di pontili galleggianti sul lago d’Iseo intitolata “The floating piers”. Le persone accorsero a migliaia per passeggiare sulle acque del lago. Il critico Vittorio Sgarbi lanciò una non insolita invettiva deplorando che questa massa ignorasse la vera perla della zona: la chiesetta di Santa Maria della Neve a Pisogne. Costruita nella seconda metà del XV secolo, la dedicazione ricorda la festa di Santa Maria ad Nives istituita da Papa Liberio nel 352 per l’apparizione miracolosa della Madonna a Roma in concomitanza con una strana nevicata del 5 Agosto. Entro nell’aula unica che ne costituisce l’interno, illuminata dal semplice oblò in facciata e subito appaiono gli affreschi del Romanino, terminati nel 1534 (di quell’anno è una polizza d’estimo nella quale il pittore dice di avere un credito di 150 lire con “li homini da Pisogni”). Le scene si presentano con imponente teatralità, le volte sono affollate da figure di Sibille e Profeti mentre sulle pareti osserviamo una rappresentazione popolare della Passione. Giovanni Testori battezzò questa chiesa affrescata “Cappella Sistina dei poveri” e non certamente in termini spregiativi, ma così spiegando: “Guardate quassù le Sibille se non sembrano donne che tornino con le loro gerle dai boschi… Pisogne per forza poetica tiene alla Sistina, ne è come l’alterità, l’altro modo di vivere il cristianesimo… Qui c’è un modo di viverlo più umile, più da eroismo popolare e montagnardo, più dialettale… Romanino qui fa il controcanto della parola che si fa carne, infatti prende la carne di un popolo, di una valle e ne fa verbo figurativo”. Non sono parole: ci colpisce la figura di contadina tozza e sgraziata della Maddalena che, nella grandiosa Crocifissione in controfacciata, abbraccia la croce; o il viso sdegnato di Pietro alla lavanda dei piedi, i bambini che si azzuffano nei pressi di una scala nella scena dell’Ecce Homo o i cani che frequentano la Crocifissione. Romanino compie, nel campo della pittura, una valorizzazione della parlata dialettale che ci rimanda alle realizzazioni che vediamo nei Sacri Monti. Questo ciclo di affreschi descrive “La storia di Cristo” dall’Annunciazione alla Pentecoste in due ordini di figurazioni: uno inferiore a rettangoli, uno superiore costituito da triangoli curvilinei; ai piedi dei pennacchi che sostengono la volta sono raffigurate le Sibille e i Profeti. Il percorso proposto da Romanino presenta alcune incongruenze rispetto al susseguirsi degli eventi narrati nei testi evangelici; questo fatto viene interpretato come una bizzarria del pittore o, più recentemente, come legato alle pratiche devozionali di stampo teatrale di una confraternita di Disciplini, o alla spiritualità dei Frati Minori dell’Osservanza (Bruno Passamani). Punto culminante del ciclo di affreschi è l’imponente Crocifissione stesa su tutta la controfacciata. La scena è riempita da una folla che si accalca ai lati della croce; così vediamo le pie donne,la soldataglia in piedi o a cavallo, i due ladroni e la figura di Longino in primo piano stretto nella sua argentea armatura. I soldati intenti a giocarsi la tunica indivisibile di Cristo richiamano forse il tema dell’unità della Chiesa, proprio in un periodo lacerato dalla predicazione luterana. Nella Crocifissione è leggibile un richiamo a quella del Pordenone nel Duomo di Piacenza, dove pure il Romanino aveva lavorato, così come Cristo risorto riprende il grande Polittico Averoldi di Brescia del Tiziano, termine di paragone per tanti pittori di allora.

Paolo Moraschini

Bibliografia:

Pittura del Cinquecento a Brescia. Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde 1986

Vittorio Sgarbi, Dal cielo alla terra, Bompiani 2015

Valle Camonica. La valle dei segni. Turismo Vallecamonica.