LAVORARE COI “PAZIENTI COVID”: IN PRIMA LINEA COME UN SOLDATO
Non è facile descrivere a parole cosa significhi lavorare in un reparto di terapia intensiva Covid. Non è facile descrivere a parole la strana sensazione di quando entri in quel tendone, ti bardi come un soldato di prima linea e vai a chiuderti nel reparto, sapendo di non poterti togliere nulla di tutto quello che hai addosso, se non per la breve pausa a metà turno.
In un reparto di terapia intensiva Covid sei
vicino alla sofferenza dei pazienti, tutti intubati, incapaci anche solo di
muoversi da soli nel letto, ma anche alla sofferenza dei loro parenti, che
possono essere collegati con il loro familiare solo dal telefono, dove
puntualmente risponde l’infermiere che nulla può se non parlarti di “situazione
stazionaria”.
Tornato a casa dopo dodici ore di turno ti
ritrovi i rotocalchi televisivi dove gente che non ha mai assistito neanche un
bambino con il raffreddore e vorrebbe insegnare alla gente come si curano i
malati o quali siano i giusti rimedi da prendere in considerazione per fermare
la malattia, ergendosi a maestri assoluti o medici luminari.
A far da cornice a tutto questo, il pensiero
inevitabile che ti accompagna durante il tuo operato: quello di prenderti
qualcosa o di portarlo a casa, colpendo magari i tuoi cari. A questo punto, per
chi non ha mai provato a lavorare con gli ammalati, verrebbe da chiedersi
perché mai continuare con un’occupazione come questa.
Ma la spiegazione è semplice: ogni volta che
un paziente in coma riapre gli occhi, ogni volta che una persona si sfebbra ,ogni
volta che una persona riesce a respirare
in modo migliore, ogni volta che delle ferite si rimarginano, sono tutte
piccole vittorie, che danno un senso a quello che fai, che ti fanno capire che
se ti trovi lì non è per un caso e che stai combattendo “la buona battaglia” di
cui parla San Paolo, senti dentro di te la stessa forza che ha guidato il
ragazzino Davide contro il temibile gigante Golia.
È in
quei piccoli, veloci e fugaci sorrisi di ringraziamento che realizzi quello che
stai facendo, che capisci l’importanza di essere presenti per chi ha bisogno, di
portare loro un po' di quel Sole che la malattia gli sta da troppo tempo
impedendo di vedere, di essere portatori di speranza.
È una sensazione paradisiaca, che da sola
basta per vincere tutte le difficoltà.
Giorgio