LAICITA’ POSITIVA: IL CROCEFISSO NEGLI EDIFICI PUBBLICI VIOLA IL PRINCIPIO DI LAICITA’?

Uno spettro si aggira per il Ministero dell’Istruzione: la paura che il crocefisso nelle aule scolastiche violi la laicità dello Stato.

In molte università italiane, dove molti politici hanno probabilmente studiato, si insegna che la laicità è l’equidistanza dello Stato da tutte le confessioni religiose. Queste sono gruppi di persone portatrici di una propria visione spirituale della vita, dell’uomo e del mondo, in opposizione alle filosofie materialistiche, e che si prefiggono come unici scopi quelli di religione e di culto, in opposizione ad ogni scopo di lucro. Una delle tante è ovviamente la Chiesa cattolica. Se significasse davvero equidistanza dello Stato dalle confessioni religiose, allora la laicità sarebbe l’assenza di religione all’interno dello Stato, allora sarebbe ateismo di Stato. E’ evidente che la definizione di laicità, diffusa in molti Atenei italiani, è fuorviante, anche perché presuppone che lo Stato sia estraneo al fenomeno religioso, quasi come se non fosse governato, gestito o abitato da persone con una fede, che il giudizio di valore fra Bene e Male - tema centrale per ogni religione - non possa mai ispirare la legge dello Stato – che deve anzi essere aconfessionale -, e che lo Stato si ponga come arbitrio terzo ed imparziale, su un piano di superiorità morale dunque rispetto alle varie confessioni religiose, quasi fossero fucine di tensioni sociali che lo Stato deve sempre acquietare.

Molto meglio ha fatto invece la nostra Corte costituzionale, che in una fondamentale Sentenza del 1989 (Sentenza 11-12 aprile 1989 n. 203) ha concepito la laicità come una cooperazione tra Stato e confessioni religiose per il miglior sviluppo della personalità dei cittadini. La religione è dunque vista come un importante fattore di umanità: un giudizio allora decisamente positivo. Questa “laicità positiva” pone sul medesimo piano lo Stato e le religioni, quali collaboratori al servizio dell’uomo e delle sue esigenze spirituali. La firma di concordati e intese tra Stato e confessioni religiose, consentita dagli artt. 7 e 8 Cost. ed assente in altri Stati come la Francia, avvia proprio questa cooperazione, ma non la esaurisce: bisogna coltivarla ogni giorno senza alimentare diffidenze reciproche, inutili al pieno sviluppo della personalità umana del cittadino.

Nella citata Sentenza la Consulta riconosce infatti “il valore formativo della cultura religiosa” e tiene conto che “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”.

In un’altra pronuncia del 2004 la Consulta ha dichiarato manifestamente infondate le lamentale di alcuni cittadini circa l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche dei figli, dal momento che l’esposizione stessa non è imposta come un obbligo di legge, ma dall’altro lato è facoltativa, lecita, coerente con la laicità positiva dello Stato, conforme alla Costituzione (art. 7 Cost.) ed alla legge (art. 9 L. 121/1985) e rappresenta “il vessillo della Chiesa cattolica, unico alleato di diritto internazionale dello Stato nominato dalla Costituzione all'art. 7, e dunque sarebbe da considerarsi alla stregua di un simbolo dello Stato di cui non si potrebbe vietare l'esposizione, al pari della bandiera e del ritratto del Capo dello Stato” (Corte Cost. Ordinanza n. 389/2004).

Addirittura, su un ricorso di una cittadina italiana contro l’Italia per l’affissione del crocefisso nella scuola pubblica, la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha stabilito che “Da una parte, questa presenza (del crocefisso in aula [n.d.r.]) non è associata ad un insegnamento obbligatorio del cristianesimo […]. Dall'altra parte […] l'Italia apre parallelamente lo spazio scolastico ad altre religioni. Il Governo indica a tale proposito che agli alunni non è vietato portare il velo islamico ed altri simboli e indumenti aventi una connotazione religiosa, sono previste soluzioni alternative per facilitare la conciliazione della frequenza scolastica con le pratiche religiose minoritarie, l'inizio e la fine del Ramadan sono “spesso festeggiati” nelle scuole e negli istituti, può essere istituito un insegnamento religioso facoltativo per "ogni confessione religiosa riconosciuta" […]. Peraltro, nulla indica che le autorità si mostrano intolleranti nei confronti di alunni adepti di altre religioni, non credenti o aventi convinzioni filosofiche che non si ricollegano ad una religione.” (C.E.D.U. Sent. 18.03.2011, ric. 30814/2006, caso Lautsi).

In conclusione, la laicità vive di religiosità ed i simboli religiosi affissi negli spazi pubblici sono piuttosto un antidoto contro le persecuzioni anti-religiose. Peraltro se il crocefisso al muro fosse davvero un problema, allo stesso modo dovrebbe esserlo il velo islamico, il cibo selezionato per i musulmani ed ogni monile o vestiario a carattere religioso che si mostri nel medesimo spazio pubblico. Di contro, il Cristianesimo, per la sua forte accentuazione del precetto dell’amore per il prossimo e per l’esplicita prevalenza della carità sulla stessa fede, contiene in nuce quelle stesse idee di tolleranza, eguaglianza e libertà che sono alla base dello Stato laico moderno e di quello italiano in particolare. In altri termini, i nostri principi costituzionali hanno molte radici: una di queste è indubbiamente il cristianesimo. Sarebbe quindi sottilmente paradossale escludere un segno cristiano da una struttura pubblica in nome di una laicità, che ha sicuramente una delle sue fonti lontane proprio nella religione cristiana.

R.D.