"L'approvazione del suicidio assistito nel nostro Paese aprirebbe un'autentica voragine dal punto di vista legislativo, ponendosi in contrasto con la stessa Costituzione italiana". Lo ha detto il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, intervenendo a un evento pubblico promosso dalla Conferenza Episcopale in vista della sentenza sul suicidio assistito della Corte costituzionale attesa per il 24 settembre in cui ha ribadito "il principio inderogabile del rispetto della vita". "Va negato - ha aggiunto il cardinale - che esista un diritto a darsi la morte: vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente. Mi rendo conto che questo pensiero ad alcuni sembrerà incomprensibile o addirittura violento. Eppure, porta molta consolazione il riconoscere che la vita, più che un nostro possesso, è un dono che abbiamo ricevuto e dobbiamo condividere, senza buttarlo, perché restiamo debitori agli altri dell'amore che dobbiamo loro". "La logica utilitaristica - ha spiegato Bassetti - porta rapidamente a una crisi del diritto stesso, il quale si vede trasformato in mera convenzione, in arbitrarietà e accordo tra le parti, invece che essere il mezzo per promuovere i valori umani". "La crisi giuridica emerge con evidenza nel passaggio istituzionale al quale stiamo assistendo, apparentemente avvitatosi in un percorso senza sbocchi, ma in realtà orientato, sottotraccia, all'approvazione di principi lesivi dell'essere umano". "Incaricato dalla Corte costituzionale di legiferare attorno alle questioni dell'eutanasia e della morte volontaria - ha proseguito il presidente dei vescovi - il Parlamento si è limitato a presentare alcune proposte di legge, senza pervenire né a un testo condiviso, né ad affrontare in modo serio il dibattito. Ora, per evitare che una sentenza della Consulta provochi lo smantellamento del reato di aiuto al suicidio, il Parlamento - come ha auspicato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte - dovrebbe in breve tempo poter discutere e modificare l'art. 580 o, comunque, avviare un iter di discussione della legge che potrebbe indurre la Corte stessa a concedere un tempo supplementare". "La via più percorribile - ha continuato - sarebbe quella di un'attenuazione e differenziazione delle sanzioni dell'aiuto al suicidio, nel caso particolare in cui ad agire siano i familiari o coloro che si prendono cura del paziente. Questo scenario, tutt'altro che ideale, sarebbe comunque altra cosa rispetto all'eventualità di una depenalizzazione del reato stesso. Se si andasse nella linea della depenalizzazione, il Parlamento si vedrebbe praticamente costretto a regolamentare il suicidio assistito. Avremmo allora una prevedibile moltiplicazione di casi simili a quello di Noa, la ragazza olandese che ha trovato nel medico un aiuto a morire, anziché un sostegno per risollevarsi dalla sua esistenza tormentata. Casi come questi sono purtroppo frequenti nei Paesi dove è legittima la pratica del suicidio assistito". "In realtà - ha aggiunto - ben prima che sul reato di suicidio, i lavori parlamentari dovrebbero essere dedicati a una revisione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento, approvate con la legge 219, del dicembre 2017. Le disposizioni contenute in quel testo, infatti, rappresentano il punto di partenza di una legge favorevole al suicidio assistito e all'eutanasia. La legge 219 andrebbe, infatti, rivista laddove comprende la nutrizione e l'idratazione assistite nel novero dei trattamenti sanitari, che in quanto tali possono essere sospesi; così, andrebbero chiarite le circostanze che la legge stabilisce per la sedazione profonda e dovrebbe essere introdotta la possibilità di esercitare l'obiezione di coscienza alla norma. Andrebbe, infine, rafforzato il ricorso alle cure palliative, la cui importanza è cruciale nell'offrire il necessario sollievo alla sofferenza del malato". Secondo il presidente della Cei, "l'equivocità della legge sul biotestamento è resa evidente se messa in rapporto con il drammatico epilogo della vicenda del francese Vincent Lambert e al quale in Italia, proprio in virtù della legge 219, sarebbero state sospese nutrizione e idratazione, mediante l'accordo tra il medico e il legale, anche senza alcun coinvolgimento del giudice". "L'approvazione del suicidio assistito nel nostro Paese aprirebbe allora un'autentica voragine dal punto di vista legislativo, ponendosi in contrasto con la stessa Costituzione italiana, secondo la quale 'la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo', il primo dei quali è quello alla vita. Tale contrasto segnerebbe dal punto di vista giuridico un passaggio irreversibile", ha concluso.
Fonte Rai News