STUDENTI ITALIANI IN RITARDO

Il rapporto Ocse-Pisa conferma le difficoltà soprattutto sul versante scientifico. C’è da recuperare, in parte, un rapporto importante tra studenti e scuola, come ambiente “buono”, di cui fidarsi.


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Momento non facile per la scuola italiana, che in verità è abituata ad attraversare mari in tempesta. La crisi di governo, infatti, rischia tra l’altro di interrompere a metà il cammino della Buona scuola, lasciando l’ennesima riforma incompiuta. E’ vero che proprio la Buona scuola ha raccolto tante critiche e c’è chi ha sottolineato come abbia lasciato a margine dell’attivismo governativo alcune questioni decisive, ma c’era qualche aspettativa da verificare a proposito degli annunciati decreti delegati. Il ciclone referendum finirà probabilmente per provocare un avvicendamento anche a Viale Trastevere (sede del Ministero dell’istruzione, ndr) e bisognerà vedere con quali conseguenze sul cammino dei cambiamenti.

In tutto questo, la scuola “in classe, va avanti affrontando i problemi pratici di sempre, tra cui la necessità di migliorare le performance degli studenti che – lo conferma l’ultimo rapporto Ocse-Pisa – restano ancora distanti da quelle dei ragazzi degli altri Paesi. Infatti i risultati del rapporto sulle competenze dei quindicenni di mezzo mondo nelle scienze, in lettura e in matematica (540mila studenti di 72 diversi Paesi ed economie), non è lusinghiero per gli studenti italiani. Con le immancabili – e consuete – differenze regionali (per cui, ad esempio, 15enni di province o regioni del nord Italia come Bolzano, Trento e la Lombardia finiscono ai primi posti della graduatoria globale, mentre gli studenti della Campania restano nella parte bassa della classifica, vicini ad Azzorre e Argentina).

Secondo il rapporto, il primato per la preparazione degli studenti tra i Paesi industrializzati va al Giappone (che è anche al secondo posto mondiale), davanti a Estonia e Finlandia, Canada, Corea e Nuova Zelanda. Meglio ancora del Giappone, in vetta alla classifica assoluta c’è un Paese non Ocse, cioè Singapore e nelle eccellenze mondiali vanno inclusi anche i ragazzi di Taiwan, Macao, Vietnam e Hong Kong. Nel campo delle scienze le “tigri asiatiche” sono troppo forti per gli studenti italiani (481 punti contro i 556 di Singapore), ma anche i coetanei europei sono ben più avanti. E consola poco rilevare il recupero dell’Italia sul terreno della matematica (nel test 2015 gli italiani hanno strappato 490 punti, sette in più rispetto al 2012).

Tra i tanti, altri due dati del rapporto meritano qualche riflessione. Il primo riguarda la rilevazione per cui in Italia si studia comunque di più che altrove: 50 ore in media (fra scuola e compiti a casa, ma anche ripetizioni private) contro le 36 ore dei finlandesi e le 41 dei giapponesi. Fatica che evidentemente non paga quanto ci si potrebbe aspettare. Il secondo dato riguarda invece le assenze ingiustificate, più alte in Italia che altrove: circa il 55% degli studenti, infatti, ha riferito di avere marinato la scuola per un giorno o più nelle due settimane antecedenti i test Invalsi e il 41% ha detto di avere saltato alcune ore di lezione. Il dato è oltre doppio della media Ocse (20%), in aumento di 7 e 6 punti rispettivamente sul 2012. Naturalmente tutto questo incide sulla preparazione, ma fa anche pensare che c’è da recuperare, in parte, un rapporto importante tra studenti e scuola, come ambiente “buono”, di cui fidarsi. Forse da qui conviene ripartire.

Alberto Campoleoni per Agenzia SIR

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Cernusco sul Naviglio, 12 dicembre 2016