MISERICORDIA È CONDIVISIONE

“Visitare e assistere le persone malate” ed “essere vicino alle persone che si trovano in prigione”. È il binomio additato dal Papa ai 20mila fedeli presenti all'udienza di oggi: “Con queste opere di misericordia il Signore ci invita a un gesto di grande umanità: la condivisione”


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“Ricordiamo questa parola: la condivisione”. Per Papa Francesco, è questa la parola-chiave per compiere con l’atteggiamento giusto l’opera di misericordia raccomandata nel Vangelo di Marco: “Visitare i malati e i carcerati”. Il punto di partenza è la vita di Gesù, che “soprattutto nei tre anni del suo ministero pubblico è stata un incessante incontro con le persone”. “Visitare e assistere le persone malate” ed “essere vicino alle persone che si trovano in prigione”, il binomio additato dal Papa all’udienza in piazza San Pietro dello scorso 9 novembre: “Con queste opere di misericordia il Signore ci invita a un gesto di grande umanità: la condivisione”.

“Non lasciamo sole le persone malate! Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre”. Per Francesco, “gli ospedali sono oggi vere cattedrali del dolore, dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione”. “Chi è malato, spesso si sente solo”, il grido d’allarme: “Soprattutto ai nostri giorni, proprio nella malattia si fa esperienza più profonda della solitudine che attraversa gran parte della vita”. “Una visita può far sentire la persona malata meno sola e un po’ di compagnia è un’ottima medicina!”, assicura il Papa indicando l’antidoto: “Un sorriso, una carezza, una stretta di mano sono gesti semplici, ma tanto importanti per chi sente di essere abbandonato a se stesso. Quante persone si dedicano a visitare gli ammalati negli ospedali o nelle loro case!”.

“È troppo facile lavarsi le mani” con i carcerati: “Nessuno punti il dito contro qualcuno”, dice Francesco mettendo in guardia dalle “diverse forme di giustizialismo”. “Se uno è in carcere è perché ha sbagliato, non ha rispettato la legge e la convivenza civile. Perciò in prigione, sta scontando la sua pena. Ma qualunque cosa un carcerato possa aver fatto, egli rimane pur sempre amato da Dio”, ribadisce tornando su un tema a lui caro: “Chi può entrare nell’intimo della sua coscienza per capire che cosa prova? Chi può comprenderne il dolore e il rimorso?”. “È troppo facile lavarsi le mani affermando che ha sbagliato”, l’ammonimento: “Un cristiano è chiamato piuttosto a farsene carico, perché chi ha sbagliato comprenda il male compiuto e ritorni in sé stesso. La mancanza di libertà è senza dubbio una delle privazioni più grandi per l’essere umano. Se a questa si aggiunge il degrado per le condizioni spesso prive di umanità in cui queste persone si trovano a vivere, allora è davvero il caso in cui un cristiano si sente provocato a fare di tutto per restituire loro dignità”.

“Penso spesso ai carcerati, li porto nel cuore”, ripete il Papa: “Mi domando che cosa li ha portati a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza, perché la misericordia di Dio compie prodigi. Quante lacrime ho visto scendere sulle guance di prigionieri che forse mai in vita loro avevano pianto; e questo solo perché si sono sentiti accolti e amati”.

“Tutti noi possiamo essere strumenti della misericordia di Dio, e questo ci farà più bene a noi che agli altri, perché la misericordia passa attraverso un gesto, una parola, una visita”: aggiunge ancora il Papa, per spiegare che compiere un atto di misericordia significa “restituire gioia e dignità a chi l’ha perduta”. “Anche san Pietro e san Paolo sono stati in carcere”, ricorda Francesco. Le opere di misericordia “sono antiche, eppure sempre attuali”, insiste Francesco: anche Gesù ha lasciato tutto quello che aveva da fare per fare visita alla suocera di Pietro. (Fonte: Agenzia SIR)

Per leggere il testo integrale della catechesi di Papa Francesco di mercoledì 9 novembre, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 10 novembre 2016