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Venerdì 19 Aprile

LA TOVAGLIA … DEL CUORE

Non sempre comprendiamo, come la natura che ci circonda, sia parte integrante della nostra vita. Drappi, bandiere, tovaglie, fazzoletti hanno sempre avuto una cassa di risonanza come segni delle diverse espressioni dei nostri sentimenti o delle nostre convinzioni. Il lato curioso è quello di aver compreso che l’uomo non ha caricato questi tessuti, dando loro un segno, ma viceversa, la loro presenza nella vita quotidiana si è imposta, prima ancora che l’uomo usasse la parola: raffinatezza. La tovaglia appare nella storia nel III° secolo A.C., attraverso documenti dell’epoca, ma nulla esclude che già prima avesse un posto nel cuore di ogni famiglia, almeno in quella altolocata. La tovaglia sillaba un senso di appartenenza tra tutti quelli che la circondano. Questa estate, in montagna, non mancavano spazi di riposo, allestiti a “Picnic”, molto frequentati da gruppi di amici e famiglie che correvano per accaparrarsi un tavolo, sul quale poi stendevano una tovaglia. La gioia sprizzava, seppur in modo diverso, sul volto di tutti, non certamente per la consumazione di quelle povere vivande, ma perché la gioia di quei cuori, come il fuoco di un ceppo, bruciava ogni screzio tra le persone, mentre invitava ad una condivisione dei cuori, attratti tutti da quella tovaglia, quantunque di poco pregio. Di fronte ad una tovaglia, la tovaglia del cuore, prima o poi ci si lascia andare e colui che di fronte a noi chiamavamo “signore”, ora lo sentiamo più come un “fratello”. La tovaglia è come il mare,frequentato tutto intornodanazioni diverse, e tutte hanno in comune lo stesso interesse: di vivere e condividere sulla spiaggia della vita, il bene comune, che abbraccia il cuore di tutti.

 

La tovaglia, al di là dei colori, dei disegni e dei ricami che la abbelliscono, ha il potere di unire le persone come nei banchetti raccontati nel Nuovo Testamento, dove tutto il mondo è presente in quell’occasione ed all’infuori non c’è nulla, mentre nello stesso tempo, tutti godono della stessa qualità di essere fratelli.Ogni cuore ben disposto possiede una tovaglia del cuore, ovvero quella capacità di saper unire “gli smarriti di cuore” che, prima o poi, siedono al tavolo dei cuori innamorati di umanità, uniti da una misteriosa tovaglia che ti fa esclamare: quelli che si sono seduti al desco hanno qualcosa che io non ho e vorrei possederlo.

 

Sentite questa storia: Cinque o sei anni fa, un uomo di bell’aspetto, che non oltrepassava i 35 anni, abitava in una città della Toscana, che non ricordo esattamente, e svolgeva la sua attività di insegnante. Diceva di essere ateo, di quegli atei che sanno giudicare il preciso motivo di ogni fatto, perché quel pensiero, quell’azione o quell’accadimento, si poteva spiegare come avvenisse,dandoragione della loro natura, applicando scientificamente una qualsiasi legge di natura, all’infuori della quale non c’era ragione di contraddizione. Ora avvenne che nella felicità in cui si trovava, perché tutto aveva una spiegazione, ebbe una esperienza sentimentale, tanto pesante che finì malamente, al punto che non riuscendo a dimenticare, si risolvette a cambiare città di residenza, andando in quel di Perugia. La nuova struttura edilizia era tale che tre o quattro famiglie, pur essendo indipendenti tra di loro, avevano occasione di incontrarsi in spazi comuni, nei quali si apparecchiavano, sul tavolo dellatovaglia del cuore.

 

Tutto incominciò qui, quando le altre famiglie, in questo posto nuovo per tutti, si prestavano ad un rapporto familiare, di grande cortesia e di disponibilità, ma costoro, nella loro semplicità erano cristiane. Tra Luigi, il nostro giovanotto, e le altre, col passare di qualche mese, ognuno aveva svelato la propria identità che dava ragione al proprio esistere.Le famiglie si erano prese cura di Luigi, con la preghiera, al contrario lui, senza contraddire apertamente, non mancava di farsi risolini e beffe degli altri; quindi ci fu un’apparente calma tra “belligeranti”, ma sotto sotto ognuno aveva un suo comportamento: da una parte la derisione continua per le famiglie, anche perché lui essendo professore, pieno di scienza, gli altri non potevano competere; viceversa le altre pregavano con insistenza mantenendo un rapporto di buona accoglienza. Intanto Luigi, pur mostrando il suo senso di superiorità, i suoi occhi si aprivano ad una considerazione: questa povera gente aveva qualcosa che lui non aveva, e in qualche modo, era molto desiderabile, tanto da provocare una certa invidia. Quel “colpo gobbo”, la tavola del cuore, imbandita di accoglienza, inmeno di due anni, la più confidente di quelle famiglie gli disse: vieni a Medjugorje, può essere per te anche un momento di svago, visto come sei impegnato”.  Luigi passò da un “si” a un “no” e viceversa per motivi contrastanti: questa era l’occasione d’oro per smascherare questo teatro; ma quelli che mi conoscono che cosa diranno a fronte di questa brutta figura? alla fine si risolse per: “tanto non c’è nulla di male”, alla peggio, i miei amici mi prenderanno in giro per un po’. Partì con un gruppo nutrito di “scalmanati” che persino facevano canti religiosi e poi preghiere e preghiere, correndo come pecore spinte dal vento, dalla chiesa al monte e ancora con preghiere: ma che cosa c’era in quelle teste? Quella seradopo la Messa che finì a mezzanotte, tutti s’affrettarono all’albergo per il riposo, invece,dice lui, “io girai dietro la chiesa dove c’era la Madonna e stetti un’ora, nel freddo intenso, in assoluto silenzio, dove rivisitai la mia vita e qui, “qui ho ceduto al mio ego” e feci questa preghiera, la prima della mia vita: “Ti prego, aiutami; ti offro le mie sofferenze”; ciò che prima era dolce, ora era amaro e viceversa. Tornai a casa e per un anno studiai a fondo il mistero divino e per un anno andai a messa, nell’ultimo posto in fondo alla Chiesa e finalmente presi, dopo la confessione, la prima comunione, in realtà dopo quella che feci da bambino.

 

La tovaglia del cuoreha imbandito anche il mio cuore, tanto che a pochi mesi dalla mia conversione incontrai Antonietta, con la quale ebbi una visione della famiglia totalmente diversa dalle precedenti “delusioni”, perché ora avevo capito di avere la vocazione alla famiglia. Quei bambini che correvano in quei pratini di montagna, richiamati dagli adulti per la merenda, gioivano per il dono di quelle piccole leccornie che rimandavano alla tovaglia sorridente di letizia, come un fiume in piena si riversava nei cuori, attratti da un unico sentimento: siamo una comunione di cuori che hanno scoperto il dono della famiglia. Quelle famiglie che hanno accolto Luigi, hanno dato i loro “piatti”, secondo il dono della loro abilità, e lui è stato giocato come un burattino con due fili: il primo conobbe la prosopopea, la vanità e l’irrisione; l’altro filo, tessuto, lo ha attratto, con la complicità di Antonietta a ricamare e stendere la tovaglia del loro cuore.