QUARESIMA: IL FIGLIO DI DIO, MIO FIGLIO

Una storia … di altri tempi. “C’era una volta una mamma che aveva due figli. Avvenne che un giorno un fratello uccise l’altro. Gli agenti indagarono e scoprirono il colpevole e, secondo l’uso di quel paese, lo vollero impiccare. Saputo il fatto, la madre corse ad implorare giustizia dicendo: avevo due figli, uno è morto ed ora mi volete uccidere anche l’altro?” …Il senso di questa storia è che la Madonna, madre di Dio e della Chiesa ha due figli: uno è Gesù che noi uomini abbiamo ucciso e l’altro siamo noi e per noi lei continua a implorare il Padre che si possa rimanere nella pace; invece noi abbiamo altre strade, e dice: “Non so come trattenere la mano di mio Figlio”.

Per fortuna, non a tutti capita di perdere un figlio, ma per chi ha vissuto questa esperienza dice: “Niente, nella vita di una persona, può superare l’afflizione e il dolore per la perdita di un figlio”; non c’è come avere un figlio, che impari a collaudare la tua relazione con la vita e se poi sceglie la strada del paradiso, la vita acquista una profondità significativa: ti sembra di vivere tra la terra ed il cielo.Tutte le cose acquistano una direzione ed il puzzle comincia a comporsi con una parola: Amore per la Vita. Molti descrivono la vita dopo la morte di un figlio semplicemente come “sopravvivenza”, non è difficile immaginare perché parlano di un’inerzia nel fare le cose di tutti i giorni, o della forza necessaria ad andare avanti per gli altri figli che sono rimasti, e che non hanno nessuna colpa, ma semmai condividono lo stesso senso di vuoto e smarrimento. C’è chi invece trova il coraggio e la volontà di mettere al servizio degli altri la propria storia, anche solo per condividere insieme lo stesso dolore indelebile, ciascuna con il suo bagaglio di una dignitosa resistenza, sulle ali di quel ricordo del figlio che se n’è andato: “Di tempo ne è passato, ma la ferita brucia ancora nell’anima”.

Maria, madre dell’umanità ha già perso un figlio: Gesù. Lei ora implora che non muoia anche l’altro, perché lei ha dato alla luce la Vita e non ombre di morte. Per noi è una tragedia perdere un figlio, ma molto di più per chi ci ha disegnato sul palmo delle sue mani; quelle mani che hanno creato il cielo e la terra ed ogni essere vivente al quale non è stata mai promessa la morte, anzi non toccate l’albero, perché … si sarebbe riposato all’ombra, invece il nostro peccato ha segato quel legno e ci ha esposto tutti ai raggi violenti del male. L’amore tutto scusa e tutto sopporta, anche i danni che noi commettiamo con tanta leggerezza, e tutto rimedia, perché il Figlio, nella sua passione, ha lasciato cadere una goccia del suo sangue nel sangue di ogni creatura per poter chiamare ogni uomo: mio fratello. In questo tempo di Corona virusil profeta Gioele direbbe:” Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al suo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti».Siamo tutti eredi della vita che trasmettiamo di figlio in figlio, ai quali consegniamo la nostra esperienza, il nostro servizio e il meglio della nostra vita, perché nulla si perda di quanto abbiamo ricevuto: “Egliricevette parole di vita da trasmettere a noi”.

Con questa eredità in mano facciamo spesso la fine del “figliol prodigo”, sprechiamo quanto gratuitamente abbiamo ricevuto e sprofondiamo nell’abisso della miseria morale e l’uomo, colui che è stato pensato dal Creatore non è più figlio, con suo profondo dolore. Il ritorno a casa si riedifica con altri dolori uomo dei dolori che ben conosce il patire”“non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi”, quelli del Padre che rimane in attesa di rivedere il figlio con il desiderio di rivederlo uomo. Diceva bene Giovanni Battista:” Occorre che lui cresca ed io diminuisca” alludendo alla grazia, intesa come luce, potenza di vita che scorra per tutti i figli di buona volontà. Il peccato, come il peggiore dei tumori,uccide l’uomo di oggi e per quello che non ha trasmesso, anche la non esperienza alle generazioni future, non arriverà al senso della sua vita. Si, noi siamo chiamati su quella strada del Calvario, che giorno per giorno, cancella i nostri peccati e ci dona una coscienza che respira l’amore di Dio, pegno della sua grazia e certezza di una maturità eterna.

Il figlio di ogni parallelo è chiamato a scrutare l’abisso del suo io, nel cui fondo si rivela il volto di Gesù, che forse ha già ucciso perché si definisce “agnostico”, una parola che suona come una sberla sulla bocca dell’interlocutore. A questo punto se non hai la vita, perché “in lui era la vita”, e la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta”, a te non rimane che un sepolcro vuoto e buio, chiuso da una enorme pietra, quella del tuo cuore, che non è più capace di vivere, anche se sa contare gli euro a milioni. Questa vita che porti dentro non è tua, ma ti è stata trasmessa perché, come un figlio cresce per godere quello che ora tu non sai, ma che ogni giorno nella preghiera, il tuo habitat spirituale può scoprire lo stupore di uno spirito che respira il divino e tu non sei più tu, ma lui vive in te. La ragione è povera di fronte a questo sguardo, ma l’esperienza dei santi, anche di quelli che hanno ancora i piedi su questa terra, te lo possono confermare cadendo sotto i colpi di un machete. Allora prega, perché il fulmine della conversione possa sgretolare la pietra e dalla caverna del tuo io, possa uscire il fetore delle tue errate convinzioni, entri la luce e la vita ritornerà ad avere il suo senso. Ora in fondo alla caverna troverai il sudario che agiterai come tua bandiera e potrai sorridere come un figlio alla madre della vita, che non ti ha perso ed in premio ti chiede di dare la mano a tuo fratello Gesù. Buona Pasqua.

Paolo Fiorani

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