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ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE IN CITTÀ

In vista del 25 aprile, il nostro Arcivescovo ha detto «che c’è un modo speciale dei cattolici e di tanti uomini e donne di buona volontà di reagire e di aggiustare il male, che è mettersi a seminare il bene contrastando il male con il bene»

Celebrazione del 25 aprile in Piazza Matteotti (Foto d’archivio, 2017)

Il 74° anniversario della Liberazione sarà ricordato in città, giovedì 25 aprile, con la partecipazione delle autorità civili e militari, delle associazioni d’arma e del volontariato, alla Messa, alle ore 9, in chiesa prepositurale. Al termine della celebrazione, partirà il corteo, accompagnato dalla Banda de Cernusc. Prima sosta in Piazza Matteotti, davanti a Palazzo Tizzoni, dove avvenne la Liberazione di Cernusco: qui ci saranno gli interventi del presidente cittadino dell’Anpi e del Sindaco. Il corteo poi proseguirà per deporre una corona d'alloro al monumento ai caduti di tutte le guerre in Piazza Martiri della Libertà e per rendere omaggio alla stele in Largo Riboldi-Mattavelli.

Lo scorso 16 aprile, il nostro arcivescovo, monsignor Mario Delpini, ha ricordato i tanti che, per amore della libertà, della giustizia e della fraternità, sacrificarono la loro vita resistendo al nazifascismo. L’intervento dell’arcivescovo è avvenuto durante la cerimonia al Campo della Gloria del Cimitero Maggiore di Milano che, in vista del 25 aprile, ha fatto memoria di partigiani, di militari che rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale dopo l’8 settembre, di deportati politici ed ebrei. Il presidente dell’Anpi provinciale di Milano ha ricordato in particolare Carlo Bianchi, ucciso con 66 compagni a Fossoli, figura di resistente cristiano, cofondatore del giornale clandestino Il Ribelle, presidente della Fuci, ideatore della “Carità dell’Arcivescovo”, ingegnere e padre di famiglia.

«Nel mondo e nella società c’è qualcosa di sbagliato, anche se non è tutto sbagliato. Di fronte alle cose sbagliate, alcuni si lamentano, altri si adattano, altri spaccano tutto e reagiscono al male con la violenza», ha sottolineato l’Arcivescovo, prendendo spunto da Carlo Bianchi, «partigiano antifascista cattolico, che ci dà l’esempio di una serenità e di una fortezza che dominano le passioni e intuiscono la strada da percorrere». Strada che deriva dalla preghiera e dal perdonare.

«Bianchi, come Puecher e tanti altri testimoni, hanno affrontato la prova estrema perché sapevano di poter contare sulla potenza e misericordia di Dio. Il modo singolare con cui Carlo Bianchi ha affrontato le cose storte è stato il perdono anche per chi aveva tradito: lui che non aveva fatto niente di male se non resistere al male».

È questa l’«altra strada» «per dire che c’è un modo speciale dei cattolici e di tanti uomini e donne di buona volontà di reagire e di aggiustare il male, che è mettersi a seminare il bene contrastando il male con il bene».

Poi, un altro insegnamento: «Coltivare una cultura che abbia un’interpretazione della convivenza come vocazione alla fraternità e difesa della giustizia.» Un programma di vita – non uno scritto, ma una prassi – che Carlo Bianchi ha messo in atto anche con l’avvio della “Carità dell’Arcivescovo” per persone che non potevano accedere alle cure mediche e all’assistenza giuridica, «studiando la Dottrina sociale della Chiesa e guardando al desiderabile futuro di questo Paese che era, allora, drammaticamente diviso e dominato dalla violenza».

Cernusco sul Naviglio, 19 aprile 2019