ANDARE CONTROCORRENTE

In un quadro «realisticamente poco confortante», «la nostra vocazione cristiana ed episcopale è quella di andare controcorrente: ossia di essere testimoni gioiosi del Cristo Risorto per trasmettere gioia e speranza agli altri». Lo ha detto il Papa, incontrando lo scorso 18 maggio i vescovi italiani riuniti in Vaticano per la loro 68ª Assemblea generale. «La nostra vocazione - ha spiegato Francesco citando Isaia - è ascoltare ciò che il Signore ci chiede: ‘Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio’». «A noi viene chiesto di consolare, di aiutare, di incoraggiare, senza alcuna distinzione - ha proseguito - tutti i nostri fratelli oppressi sotto il peso delle loro croci, accompagnandoli, senza mai stancarci di operare per risollevarli con la forza che viene solo da Dio».

La “sensibilità ecclesiale” - Papa Francesco ha poi parlato della “sensibilità ecclesiale”, intesa come l’«appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo, di umiltà, di compassione, di misericordia, di concretezza - la carità di Cristo è concreta - e di saggezza». La “sensibilità ecclesiale”, ha spiegato il Papa, si è «indebolita a causa del continuo confronto con gli enormi problemi mondiali e dalla crisi che non risparmia nemmeno la stessa identità cristiana ed ecclesiale». Tale qualità, ha specificato, «comporta anche di non essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi». È la sensibilità ecclesiale che, ha proseguito Francesco, «come buoni pastori, ci fa uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana».

L’impegno dei credenti nella società – Altro tema toccato da Francesco ha riguardato l’impegno dei credenti nella società. «I laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!». La sensibilità “ecclesiale e pastorale”, per Francesco, «si concretizza anche nel rinforzare l’indispensabile ruolo di laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono».

Andare controcorrente - «L’affermazione “La nostra vocazione cristiana ed episcopale è quella di andare controcorrente” – ha commentato Vincenzo Rini, direttore di Vita cattolica, settimanale della diocesi di Cremona - mi ha riportato con la mente all’insegnamento evangelico che ci indica la strada dell’essere nel mondo senza essere del mondo. E mi ha fatto anche ricordare l’insegnamento dell’antica “Lettera a Diogneto”, la quale, dopo avere sottolineato che “I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti”, aggiunge che essi “rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo”. Un messaggio di grande attualità: i cristiani non sono, non possono essere, i fedeli del “così fan tutti”, perché sono i discepoli del Crocifisso/Risorto, testimoni di un modo di essere uomini e donne fondato sulla volontà di costruire un mondo nuovo fatto di giustizia e di amore. Andare controcorrente significa anche, nelle parole di Francesco, impegnarci a difendere il popolo di Dio “dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana”. Una sottolineatura, quest’ultima, che mi ha fatto pensare a quanti cristiani si considerano seguaci di Cristo senza condividere il suo modo di intendere l’umana esistenza: essere con Cristo senza pensare come Cristo! Non è questa una contraddizione? Eppure essa sembra molto frequente.»

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 25 maggio 2015