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LA SCUOLA HA BISOGNO DI CAMBIARE

La riforma della scuola è al centro del dibattito politico e sindacale di queste settimane, soprattutto dopo lo sciopero dello scorso 5 maggio, e sta suscitando parecchie preoccupazioni nelle famiglie italiane con la minaccia, da parte di alcuni sindacati, di blocco degli scrutini di fine anno.

Una riforma che la scuola italiana attende ormai da troppo tempo - «Leggere lo sciopero del mondo della scuola (dello scorso 5 maggio, ndr) – ha scritto Enrico Lenzi in un editoriale su Avvenire - come espressione di una resistenza al cambiamento sarebbe riduttivo. Così come sarebbe ingenuo non scorgere, tra quanti hanno protestato, componenti che hanno un’atavica allergia al cambiamento.» Ma, osserva Lenzi, il fronte sindacale «deve dimostrare di avere davvero a cuore le sorti del sistema scolastico italiano sostenendo il cambiamento. Al di là della logica "vincitori e sconfitti", resta il problema quanto mai urgente di portare al traguardo una riforma (anche se sarebbe più corretto parlare di "riordinamento") che la scuola italiana attende ormai da troppo tempo, rischiando di perdere ulteriore terreno rispetto alle altre realtà formative europee e mondiali.»

«Il disegno di legge sulla "buona scuola" – continua Lenzi - contiene elementi positivi e capaci di imprimere davvero una svolta: il potenziamento dell’autonomia, l’introduzione della logica della valutazione per migliorare l’azione educativa, la creazione di un organico docente funzionale per intervenire con maggior incisività in problemi quali l’abbandono scolastico, l’integrazione degli alunni stranieri non nati in Italia, la formazione permanente obbligatoria dei docenti. Temi su cui il mondo della scuola non ha sollevato questioni di principio, se non quando si tratta di entrare nel dettaglio di queste novità. Si prenda il caso del cosiddetto "preside manager": l’articolo 7 fissa i nuovi compiti del dirigente scolastico, ma poi all’articolo 21 rimanda il "come farlo" a una legge delega che compete al governo.

Ecco uno dei punti su cui forse si incaglia anche lo spirito di cambiamento della realtà scolastica: l’eccessivo ricorso allo strumento della legge delega: ben tredici nel testo attualmente in discussione in Commissione Cultura alla Camera. Una scelta comprensibile nella logica del governo tesa a incassare la riforma in tempi stretti, ma che lascia spazio a dubbi, perplessità e timori anche nel fronte disposto al cambiamento. E la fretta è legata all’altro grande tassello di questa riforma: l’assunzione di centomila docenti precari.»

A proposito dei docenti precari, l’editorialista di Avvenire si pone «solo una domanda: non sarebbe meglio sdoppiare l’intervento? Da una parte un decreto legge che porti all’assunzione dei precari e dimostri come l’Italia sta affrontando il loro problema, rispondendo così alla sentenza della Corte europea che qualche mese fa ha condannato il nostro Paese per aver prorogato oltre i tre anni i contratti a tempo determinato di migliaia di precari (250mila secondo i dati dei sindacati). Dall’altra parte, il Parlamento potrebbe continuare nell’esame del provvedimento con maggior calma - ma con tempi comunque certi e definiti - e dialogo il cammino delle altre novità presenti nel disegno di legge.» Questi distinti provvedimenti, a parere di Lenzi, permetterebbero «una volta per tutte di togliere qualsiasi alibi a coloro che invocano il cambiamento, salvo lamentarsi contro la riforma di turno. La scuola italiana ha bisogno di svoltare. Per diventare davvero una comunità educante.»

«Sul tema delle riforme, e soprattutto di quelle importanti e nodali come quella sulla scuola - ha sottolineato negli scorsi giorni monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei - non possiamo vivere di colpi di scena, o di colpi di maglio, o di interventi che non tengano presenti tutte le realtà. C’è uno sforzo del Governo per far uscire la nostra scuola dal pantano che ci sta: si tratta di vedere se tutte le proposte fatte e tutte le indicazioni vanno nella direzione giusta». «Spero veramente - l’auspicio del segretario generale della Cei - che sulla scuola non ci sia il muro contro muro, ma che cresca veramente la voglia di mettere i nostri ragazzi nelle condizioni più giuste per una formazione adeguata, perché il problema serio è che alla scuola si sta guardando da tante prospettive, ma poco o non sufficientemente dalla prospettiva dei veri protagonisti, che sono i nostri ragazzi.» È lo stesso nostro auspicio.

Buona settimana.

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 18 maggio 2015