Venerdì 29 Marzo

“AGLI IMMIGRATI RIDIAMO QUELLO CHE ABBIAMO TOLTO”

Manifesti in città contro l’immigrazione. Sull’argomento ci sono alcune cose che vanno dette, perché c’è molta disinformazione. La Chiesa non si lascia intimidire e continuerà nel suo impegno.


Il manifesto incriminato

I manifesti apparsi la scorsa notte in città contro l’immigrazione hanno giustamente suscitato un forte sdegno. Un’azione che segue di pochi giorni alle intimidazioni ricevute da alcuni sindaci che hanno firmato, in prefettura, il “protocollo di accoglienza” per i migranti, sottoscritto anche dal nostro Primo Cittadino. In tema di immigrazione ci sono alcune cose che vanno dette, perché sull’argomento c’è molta disinformazione. La Chiesa non si fa certo intimidire da queste prese di posizione e continuerà ad accogliere gli immigrati, dando loro assistenza e operando per l’integrazione.

“Senza stranieri interi territori a rischio spopolamento”: lo ha detto recentemente il Censis, sulla base di un’analisi realizzata nell’ambito del programma “Fuori dal letargo: soluzioni per una buona crescita”. Secondo il Censis gli immigrati salvano dall’estinzione i comuni più piccoli e frenano il declino demografico nelle città più grandi. In un’Italia in declino demografico, “con un numero di nati mai così basso dal 1861, ci sono 841 comuni in cui nell’ultimo quinquennio (2010-2015) la popolazione è cresciuta esclusivamente grazie agli immigrati”, rileva il Censis. Ma anche gli immigrati in Italia, di anno in anno, si stanno adeguando al modello demografico europeo, facendo meno figli (-15,3% nell’ultimo anno).

Gli stranieri che lavorano in Italia producono 127 miliardi di ricchezza, paragonabile al fatturato del gruppo Fiat, o al valore aggiunto prodotto dall’industria automobilistica tedesca. Il contributo economico dell’immigrazione si traduce in 7 miliardi di Irpef versata, in oltre 550 mila imprese straniere che producono ogni anno 96 miliardi di valore aggiunto. Di contro, la spesa destinata agli immigrati è pari al 2% della spesa pubblica italiana (15 miliardi: molto meno, ad esempio, dei 270 miliardi per le pensioni). “Per mantenere i benefici attuali anche nel lungo periodo, sarà necessario aumentare la produttività degli stranieri, non relegandoli a basse professioni”. Inoltre, gli immigrati che lavorano in Italia versano ogni anno quasi 11 miliardi di contributi previdenziali, che equivalgono a 640mila pensioni italiane. Questi i principali risultati presentati nello scorso ottobre dalla Fondazione Leone Moressa con la sesta edizione del Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione.

“Agli immigrati ridiamo quello che abbiamo tolto” - Gli immigrati che arrivano in Occidente “vengono in buona parte da Paesi nei quali i nostri Paesi sono andati a prendere tutto quello che potevano” o a “rompere degli equilibri”. È la denuncia fatta nello scorso novembre dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che ha portato l’esempio dell’Iraq e della Libia, domandando: “Chi è andato lì a rompere degli equilibri?”. O del Congo, dove “c’era un’unica strada per portare all’aeroporto le risorse che venivano portate via”. E “ora che queste persone si trovano in difficoltà noi siamo i primi a dire ‘non ti conosco’”. Un comportamento etico, invece, porta a chiedersi – ha osservato Galantino – “se c’è una responsabilità mia in quel processo che ha portato quelle persone a venire qui”, comportandosi di conseguenza. Allora “quando la Chiesa interviene” in aiuto dei migranti “restituisce” e altrettanto dovrebbe fare la politica. Agli immigrati in fuga da guerra e povertà “ridiamo quello che abbiamo tolto”, ha concluso Galantino, “attendendo che nei loro Paesi di provenienza si creino situazioni meno gravi di quelle che anche noi abbiamo contribuito a creare”.

La Chiesa di Cernusco continuerà a lavorare per i poveri, che sono “la carne di Cristo”, e per l’integrazione di immigrati e rifugiati. È impegnata a costruire ponti, legami, perché si affermi una civiltà del vivere insieme - anche se non sempre questo è l’orientamento del mondo, soprattutto in questi tempi - partendo dalla consapevolezza che lo sguardo del Creatore non è discriminante, non divide in categorie i suoi figli e le sue figlie. Come continua a ripeterci papa Francesco, l’amore cristiano non è una idea astratta, ma si rende concreto nell’aiutare gli altri, cominciando dai deboli e i poveri.

La Caritas cittadina - in un messaggio pubblicato sul proprio profilo Facebook - «si dissocia fermamente da questo clima di odio e discriminazione perchè ritiene, da sempre, che tutte le persone bisognose abbiano lo stesso diritto ad essere aiutate. Nel nostro agire incontriamo ogni giorno persone: le ascoltiamo e cerchiamo di aiutarle indipendentemente dalla loro origine. Nessun povero sottrae risorse ad altri poveri anzi, in questi anni la comunità ha dimostrato una grande generosità aumentando le risorse a disposizione di pari passo con l'aumentare dei bisogni.»

Cernusco sul Naviglio, 27 maggio 2017