CONVERTIRCI OGNI GIORNO

L'invito a "lasciare le strade, comode ma fuorvianti, degli idoli di questo mondo". Il Signore che viene “prende dimora in mezzo a noi per liberarci dall’egoismo, dal peccato e dalla corruzione, da questi atteggiamenti che sono del diavolo: cercare il successo a tutti i costi; cercare il potere a scapito dei più deboli; avere la sete di ricchezze e cercare il piacere a qualsiasi prezzo”.


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In questa seconda domenica di Avvento (per il Rito Romano, mentre per il Rito Ambrosiano siamo alla quarta domenica di Avvento, ndr), Matteo ci fa incontrare Giovanni Battista, che, nel suo racconto, ci viene presentato come una voce – “voce che grida nel deserto” – che chiama il popolo alla conversione. Sembra quasi l’immagine di un profeta dell’Antico Testamento, un po’ come Elia con quel suo abito fatto di peli di cammello, con quel nutrirsi delle cose, dei frutti del deserto. Un po’ come quel “germoglio che spunterà dal tronco di Iesse”, il padre di Davide. Passaggio tra un prima e un dopo: Giovanni Battista è come posto sulla soglia tra passato e futuro, tra i profeti legati alla Parola – ecco che torna la voce – e un nuovo orizzonte di speranza e fiducia in Dio; in questo “qui e non ancora” è l’invito alla conversione “perché il Regno dei cieli è vicino”, anzi “è in mezzo a noi”.

Voce che grida, e, dunque, che deve essere ascoltata nel silenzio del deserto. Immagine che rimanda alla storia di Israele, che proprio nel deserto si era formato come popolo, sperimentando la fedeltà a Dio e la consapevolezza della propria fragilità. Il deserto è aridità e inattesa fecondità, ed è nella solitudine di questo luogo, in cui essenzialità e silenzio danno forza all’annuncio, che deve essere ascoltata la Parola. Voce che inquieta e chiama alla conversione; voce di uomo, non volto o persona, che prepara l’avvento di un altro Uomo che “battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.

Il deserto non è solo condizione di silenzio, aridità; in qualche modo simboleggia anche il cuore arido di chi non è capace di accogliere l’altro, e, anzi, lo vede come una cosa da usare, sfruttare, disprezzare. Il deserto è il luogo della prova. Ma quanti deserti ci sono ancora oggi nelle nostre vite; quanti rumori distraggono da quella voce che chiama ad orientare il nostro sguardo verso la mangiatoia di Betlemme, nuovo invito ad essere attenti alla Parola, da ascoltare nel silenzio del deserto che è, insieme, assenza e presenza, luogo in cui sembra non esserci nulla, ma è proprio in quel nulla che si trova l’essenziale.

Giovanni annuncia, ricorda il Papa all’Angelus, ciò che Gesù dirà successivamente: “il regno di Dio è venuto, è arrivato, è in mezzo a voi”. Questo è il messaggio centrale di ogni missione cristiana. Quando un missionario va, un cristiano va ad annunciare Gesù, non va a fare proselitismo, come se fosse un tifoso che cerca per la sua squadra più aderenti”. Giovanni annuncia il regno di Dio che “si estenderà senza fine oltre la vita terrena”; ma la bella notizia, dice Francesco, “è che il regno di Dio non dobbiamo attenderlo nel futuro: si è avvicinato, in qualche modo è già presente e possiamo sperimentarne fin da ora la potenza spirituale”. È, dunque, in mezzo a noi: “Dio viene a stabilire la sua signoria nella nostra storia, nell’oggi di ogni giorno, nella nostra vita; e là dove essa viene accolta con fede e umiltà germogliano l’amore, la gioia e la pace”.

Per entrare a far parte di questo regno, ricorda ancora Francesco, la condizione “è compiere un cambiamento nella nostra vita, cioè convertirci; convertirci ogni giorno, un passo avanti ogni giorno… Si tratta di lasciare le strade, comode ma fuorvianti, degli idoli di questo mondo: il successo a tutti i costi, il potere a scapito dei più deboli, la sete di ricchezze, il piacere a qualsiasi prezzo”.

I nostri deserti sono anche quelli che abbiamo creato per una falsa idea di sicurezza, incapaci di accogliere l’altro, colui che scappa da altri deserti fatti di guerre, violenze, povertà, fame, miseria, sofferenza. Deserti abitati da donne, uomini e bambini che chiamiamo profughi, migranti, senza fissa dimora, raramente persone. Il Signore che viene “prende dimora in mezzo a noi per liberarci dall’egoismo, dal peccato e dalla corruzione, da questi atteggiamenti che sono del diavolo: cercare il successo a tutti i costi; cercare il potere a scapito dei più deboli; avere la sete di ricchezze e cercare il piacere a qualsiasi prezzo”. In questo tempo, dice il Papa, ascoltiamo l’esortazione del Battista: “preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”.

Fabio Zavattaro per Agenzia SIR

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Cernusco sul Naviglio, 5 dicembre 2016