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Don Luciano, Aprile. Come possiamo vivere la Pasqua nella nostra vita quotidiana?   

DON LUCIANO, MARZO. LA QUARESIMA CI PROPONE UN PERCORSO INTERIORE DI CONVERSIONE   

DON LUCIANO, FEBBRAIO: Oggi, dopo 100 anni, la Madonna ci parla ancora   

Don Luciano, gennaio. La fede in Dio torni ad essere centrale nella nostra vita   

Venerdì 19 Aprile

LA RISURREZIONE È LA VOCAZIONE DELL’UOMO

Quando l’uomo cadde nel baratro dell’io, l’abisso fu così profondo che non vide più Dio, neppure sentì il desiderio di ritornare all’origine della sua creazione, ma il seme della condizione umana non può smentire la sua identità e ritorna a bussare alla porta dell’uomo per curare il danno subito, allo stesso modo di una persona che incorsa in un incidente stradale, curata, sente il desiderio di ristabilirsi in salute. Il logo di questa ricostituzione è shalom, una parola che noi traduciamo con “pace”, ma contiene un significato più profondo che è quello della “pace dei sensi” senza altra bramosia, della “pace come serenità” finalmente ottenuta dopo una bufera di sventure nella vita, della “pace ristabilita per sempre” ovvero che non desidera altro che l’eternità. Il cammino della pace è la vocazione di ogni uomo che ha scelto la vita risorta e chi ha orecchi da intendere, ascolta il respiro di Dio nel suo cuore. La regia di Dio produce le proiezioni più belle del mondo, dove nessuno può immaginare come finirà perché la nostra logica è scritta storta sulle linee diritte da Dio.

A questo proposito stralcio dal diario di Sergej Kourdakov:” Io, Sergei nacqui il 1° marzo 1951 a Novosibirsk, in Siberia, e rimasi orfano di genitori all’età di quattro anni e mezzo. La storia della mia famiglia è stata un’autentica tragedia: i nonni paterni morirono di stenti, perché si ribellarono al programma di collettivizzazione portato avanti da Stalin nel 1928; il padre fu fucilato nel 1955, la madre morì di crepacuore pochi mesi dopo la morte del marito. Io rimasi solo! Alcune famiglie, amiche dei genitori, si presero cura di me fino all’età di sei anni e poi, come tanti altri orfani, fui indirizzato a un collegio di Stato. Fu un periodo duro, senza affetti e senza il calore di autentiche relazioni umane. Ne soffrì tantissimo. Il collegio, dopo un po’ di tempo, fu chiuso perché i ragazzi, indisciplinati e violenti, terrorizzavano la popolazione: Io, Sergei, venni destinato al collegio di Barysevo dove rivelai straordinarie capacità di leader: in pochi anni conquistai il titolo di «re di Barysevo», perché tutti i ragazzi si piegavano ai miei ordini. Per la prima volta sentii il nome di Dio a Barysevo e scoprii anche che gli educatori avevano orrore del nome di Dio. Ogni mattina, iniziavano la lezione così: «Buongiorno, ragazzi! Ricordatevi che non esiste alcun Dio». Intanto venni a sapere che non tutti i ragazzi ospiti del collegio erano orfani: alcune madri erano prostitute o i loro padri erano alcolizzati oppure i loro genitori credevano in Dio. Tali genitori erano stati dichiarati “incapaci” dallo Stato e privati della patria potestà. I genitori di un ragazzo di tredici anni erano credenti. Per me egli era sempre stato un mistero; tutte le volte che conversava con gli altri ragazzi, parlava di Dio. Quando mi parlarono di lui, ne rimasi affascinato. Per me era come chiedere a qualcuno se veniva da Marte o dalla Luna…”. Le tappe della carriera venivano bruciate a soli 15 anni, per la mia straordinaria capacità, tanto che venni nominato capo della lega giovanile comunista della scuola. L’anno successivo conseguii il diploma e, tale successo, mi aperse la strada per l’accademia navale di Leningrado. Per premio fui mandato davanti alla statua di Lenin e qui pregai così: “Padre Lenin, aiutami nella mia vita. Indicami la direzione giusta, proteggimi, guidami, aiutami, o padre Lenin”. Nel maggio 1969 sono contattato da Ivan Azarov, maggiore del Kgb (polizia segreta) della Kamchatka, e mi viene offerto l’incarico di diventare capo di un gruppo speciale della polizia: guerra ai religiozniki-cristiani. Ivan Azarov, disse: «... In Unione Sovietica ci sono varie specie di criminali. Esistono criminali molto più pericolosi perché lavorano pacificamente in mezzo a noi, minando le fondamenta del nostro sistema, le dottrine del leninismo e del marxismo. Costoro sono i religiozniki, i credenti nella religione. Questa gente è menzognera, astuta e furba. La chiesa non è un pericolo. La religione non è un pericolo. Sono i credenti in sé stessi che bisogna temere. Una volta il compagno Lenin disse che era molto difficile sradicare la fede dal cuore dell’uomo, una volta che ne sia stato contaminato. Questo è il motivo per cui i nostri nemici sono i credenti”. Da qui iniziarono le Missioni-incursioni punitive contro i credenti-agosto 1969; un battesimo di sangue nel 1970; incursioni in una casa dove erano riuniti i credenti a pregare. Qui avvenne il primo incontro con Natascia Zdanova: una ragazza bella, bastonata a sangue nel precedente raid ed ancora colpita barbaramente, ma io riflettei “perché non dovrei credere...?”. Le incursioni continuavano con la complicità dei delatori mentre i credenti venivano uccisi al suono dei manganelli, poi annegati nel fiume, così altri morivano in seguito alle ferite ed altri ancora rimanevano invalidi per il resto dei loro giorni finché il numero delle “visite” raggiunse il 153 con un conto di migliaia di morti, anche di stenti, di umiliazioni, di emarginazione sociale, di famiglie separate senza motivo, di deportati… Avvenne anche un terzo incontro con Natascia, dove stranamente il poliziotto che aveva già alzato il manganello per colpirla, lo bloccai e dissi tra me: “...essa ha qualcosa che noi non abbiamo” ... «Fu una delle poche volte nella mia vita in cui fui profondamente toccato. Natascia aveva qualcosa! Era stata picchiata selvaggiamente. Era stata ammonita e intimidita. Era passata attraverso sofferenze indicibili, ma era nuovamente lì. Natascia aveva scosso tutte le mie idee sui credenti”. In seguito trovai alcune pagine del vangelo... e preso dalla curiosità incominciai a leggere. Gesù insegnava come diventare migliori e a perdonare coloro che ti fanno un torto. Improvvisamente quelle parole uscirono dalle pagine ed entrarono nel mio cuore. Una “lezione punitiva” avvenne in un gruppo a Nikiforov dove una anziana pregava così: “O Dio, perdona questo giovane. Mostragli la giusta via. Aprigli gli occhi e aiutalo. Perdonagli, mio Dio”. In quel momento mi accadde la cosa più strana. Qualcuno mi afferrò il polso e lo tirò indietro. Mi spaventai. Sentii un dolore. Non era immaginazione. Era una pressione reale sul mio polso, tale da farmi veramente male. Il 4 marzo 1971 ero a bordo di un sottomarino e decisi la fuga dalla nave spia nella notte tra il 3 e il 4 settembre 1971: la nave si trovava a pochissimi chilometri di distanza dalla costa canadese e la fuga miracolosamente riuscì. «Il mio primo compito era quello di trovare Dio. Entrai in quella bella chiesa ed ebbi un sentimento di bellezza, di pace, di un peso che veniva sollevato. Dopo tre ore di preghiera, sentivo di essere stato aiutato, ma il mio cuore cercava ancora qualcosa di più: desideravo avere ciò che Natascia aveva». Un giorno, fui raggiunto da tre uomini robusti. Uno di loro in perfetto russo mi disse: «Kourdakov, per il tuo bene è meglio che tu tenga la bocca chiusa, ti potrà capitare un incidente mortale. Ricordatelo: sei stato avvertito!». Io avevo incontrato Gesù! e continuai a parlare di LUI”. Il diario termina qui.

Il 1° gennaio 1973 Sergej venne trovato assassinato nella sua stanza ed il cielo si aprì al trionfo di un nuovo martire. La luce di Dio si è manifestata nella bellezza di Natascia, caduta nel cuore di Sergej, come un seme, che la ragione ha elaborato fino alle soglie della fede e la fede sposta le montagne, oltre le quali, il sole della risurrezione sorge, perché ognuno sia un uomo di Dio e non una marionetta nelle mani di un qualsiasi burattinaio. Tutti gli uomini dal giorno della loro nascita camminano verso la risurrezione, come pure tutto l’universo; Sergej non lo sapeva, ma lo sapevano i martiri che lo avevano preceduto per mano sua, i quali, nel dolore ricevuto, hanno colmato la misura del perdono dei suoi misfatti con il martirio, scrivendo col sangue parole di raccomandazione per un fratello, anche lui chiamato da Gesù risorto.

Paolo Fiorani

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