ENERGIA PULITA, QUANTO CI COSTI

L’approvvigionamento energetico è tornato al centro della politica. Le energie rinnovabili sono cresciute moltissimo in questi anni, più per i generosissimi incentivi pubblici che per reale coscienza ecologica.

La discussione sulle trivellazioni in mare alla ricerca di idrocarburi – sul tema ci sarà a breve un referendum – ha riproposto la questione sulle politiche energetiche nazionali: c’è chi propugna un definitivo superamento dell’utilizzo di idrocarburi (inquinanti) a favore delle energie rinnovabili e non inquinanti. In linea di massima è un proposito condivisibile da parte di tutti, per due ragioni: l’Italia acquista petrolio e metano per decine di miliardi di euro l’anno (anche se in parte lo fa come materia prima da trasformare in prodotti derivati, ad esempio benzina), quindi l’autosufficienza energetica è comunque un traguardo da tentare di raggiungere. E poi c’è appunto la questione ecologica: meglio il sole degli scarichi.


Foto archivio SIR /(Riproduzione riservata)

Ma ci sono diversi ma. Le energie rinnovabili sono cresciute moltissimo in questi anni, più per i generosissimi incentivi pubblici che per reale coscienza ecologica. Così ci troviamo – tutti noi – a sovvenzionarle in bolletta, perché i kilowatt “puliti” costano molto più di quelli presenti nel libero mercato. Ci sono poi problemi strutturali con l’elettricità prodotta da sole e vento. Anzitutto per i limiti intrinseci di produzione: il fotovoltaico quando c’è il sole, l’eolico quando tira vento. È impossibile comandare ad Elios ed Eolo di fare il loro lavoro a comando nostro. Ciò vuol dire che queste fonti energetiche non possono garantire l’elettricità di cui abbiamo bisogno, quando la vogliamo e nel quantitativo che vogliamo. Abbiamo comunque bisogno o di importarne dall’estero, o di produrla con centrali a idrocarburi. Più “flessibile” l’idroelettrico, comunque con i suoi limiti strutturali e “naturali”.

Ma pochi sanno che un conto è produrre, un conto è distribuire. E un altro ancora – fondamentale – è stoccare. E purtroppo esistono difficoltà sia nella distribuzione (interessa poco avere eolico nel Foggiano e fotovoltaico in Sicilia, se il fabbisogno è in Brianza) che soprattutto nello stoccaggio: è qui che bisogna lavorare in innovazione, per inventare e costruire gigantesche “batterie” capaci di immagazzinare l’energia pulita quand’essa viene prodotta. Infine non dimentichiamo che – ad oggi – i riscaldamenti domestici funzionano quasi tutti a metano (sono la maggior fonte di inquinamento atmosferico) e gli automezzi a gasolio e benzina. Un domani (o dopodomani) le auto andranno ad elettricità e le case saranno tutte “passive”, capaci cioè di necessitare di un minimo contributo energetico per i propri bisogni. Nel frattempo, si devono fare due conti: con i fabbisogni di oggi, che non si soddisfano con le utopie; con la sostenibilità economica.

Cosa succederà infatti quando l’Italia sarà collegata con un potente elettrodotto alla rete balcanica (Montenegro, potenzialmente ricco di energia idroelettrica) e potrà importare energia pulitissima a prezzi tre volte inferiori a quelli attualmente sovvenzionati ai produttori domestici? Con la Tunisia e il fotovoltaico del Sahara? Sarà elettricità pulita uguale: ma una (la nostra) costosissima e fuori mercato, l’altra no. Quindi?

Nicola Salvagnin per Agenzia SIR
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Cernusco sul Naviglio, 4 aprile 2016