Venerdì 29 Marzo

CORONAVIRUS: L´INCHIESTA. FRANCIA, LA PASTORALE AL TELEFONO

La quarantena di tre sacerdoti di una parrocchia a La Flèche, in Loira, nell’attesa di superare la crisi. «Non trasmettiamo le Messe, ma parliamo con i parrocchiani. Forte desiderio di spiritualità»

La Flèche (Sarthe) ‒ Francia. «Quest’estate non avremo molti matrimoni da celebrare! ». Con un tratto di penna, una celebrazione prevista per la prossima estate viene cancellata dall’agenda della parrocchia di La Flèche – comune francese nel dipartimento della Sarthe, nella regione dei Paesi della Loira. «Qui abbiamo ancora molti sacramenti», spiega, non senza una punta di orgoglio, il parroco padre François Cléret, e con la bella stagione matrimoni e battesimi si moltiplicano. Ma quest’anno a moltiplicarsi sono soprattutto le telefonate per annullare tutto. Spesso le cerimonie vengono rimandate, talvolta semplicemente disdette. Pazienza per la Messa, argomentano i familiari di un giovane che deve fare la professione di fede, l’importante è poter scattare una foto vestito di bianco davanti alla chiesa di Saint–Thomas.

Ed è a pochi passi da questa chiesa, le cui fondamenta risalgono al XII secolo, che padre Cléret è confinato dal 16 marzo, nella canonica che condivide con un giovane coadiutore, padre Marc Isnard, e con padre Abel Reveau, ottantenne sacerdote ausiliario. Tre sacerdoti, tre generazioni, tre stili diversi (solo il più giovane indossa il collarino, senza però farne una bandiera), ma visioni spesso comuni. Ognuno di loro sembra essere consapevole della fortuna di vivere il tempo della quarantena in questo bell’edificio con due giardini e senza essere isolato. Per rompere l’isolamento dei fedeli, il parroco e il suo vice si affidano al telefono, ciascuno nella propria ala della canonica. Padre Reveau, invece, preferisce mantenere il riserbo sui suoi impegni, a parte la cura minuziosa che dedica al suo orticello.

«Dedico tantissimo tempo alle telefonate – racconta padre Cléret –. Persone che non mi avevano mai contattato prima ora lo fanno, altre invece chiedono notizie», spiega con tono compiaciuto, facendo il nome dell’ex dirigente di una grande azienda. Eppure le telefonate sono tutt’altro che futili. «Sento che le persone hanno più bisogno di parlare, ma anche che c’è una maggiore attenzione verso gli altri». Secondo il sacerdote, se questo atteggiamento durerà oltre la quarantena, «qualcosa di buono sarà scaturito da tutto questo male. Attraverso questa crisi il Signore non ci invita forse a una maggiore fraternità?».

Ordinato sacerdote all’inizio degli anni ’80 «per annunciare Cristo», questo prete viaggiatore, che si reca regolarmente in America latina e in Africa, spera che la pandemia sia l’occasione per riflettere su un nuovo significato del progresso, riflessione a cui la Chiesa può offrire una risposta «credibile». Non come una parola imposta dall’alto, ma come una serie di interrogativi. Il sacerdote più giovane della Diocesi di Sarthe, padre Isnard, 34 anni, è assistente spirituale di una scuola media cattolica di La Flèche e dei due gruppi scout della parrocchia. Anche lui fa molte telefonate e cerca di raggiungere personalmente i più grandi tra questi giovani. Per gli altri passa attraverso i genitori. È l’occasione di rispondere ad alcuni dubbi («È obbligatorio guardare la Messa della domenica?»), ma anche di essere informati e di incoraggiare questi giovani che si sono organizzati in autonomia per realizzare una catena di preghiera. Questa pastorale telefonica è senza dubbio anche l’occasione per ascoltare le difficoltà di giovani e anziani, tanto più che questi ultimi, soli o ma-lati, sono tra coloro che vengono chiamati più spesso dai sacerdoti di La Flèche.

«I parrocchiani ci confidano le loro angosce, racconta padre Cléret. La speranza passa anche attraverso la paura, ma dobbiamo imparare, come coloro che hanno pochi mezzi, ad affidarci a Dio». «Anche io ho paura di prendere il virus», dice a bassa voce. Lui non lo dice, ma sa che avendo più di 65 anni, fa parte della popolazione “a rischio”. Tuttavia, più che il Covid–19, il parroco sembra temere la disorganizzazione della parrocchia al termine della quarantena. «Far riprendere la vita parrocchiale è la mia priorità assoluta », ripete preoccupato a più riprese. Più che per progetti personali, che non saprebbe indicare, padre Cléret afferma di aspettare la fine della crisi per non essere più costretto a navigare a vista, quasi giorno per giorno. Padre Isnard condivide i timori del suo parroco. «Se le Messe non possono essere celebrate davanti a più di cento persone, come faremo? Se è possibile fare catechismo, ma le catechiste e i catechisti sono tutti anziani, come ci organizzeremo? Dovremo annullare il pellegrinaggio in bicicletta che ogni estate raduna 150 giovani?». Sono tanti gli interrogativi. Ma più che la disorganizzazione, è la “disgregazione” della fede e della pratica a preoccupare questo giovane sacerdote che ama percorrere le feste cittadine e le fiere agricole per andare a incontrare gli abitanti che non incrocia all’uscita della Messa domenicale.

«Con la crisi – fa notare – c’è un maggiore desiderio spirituale, ma l’aspetto inedito è che la Chiesa non può assecondarlo veramente». «Alcune parrocchie vivono già una situazione ai limiti della sopravvivenza, ho paura che la crisi possa accelerare questo processo », prosegue parlando dei progetti missionari rimasti «a un punto morto». La Diocesi di Sarthe, spiega con un sorriso triste, ha solo tre seminaristi. A questo punto, la canonica di La Flèche appare molto grande e molto vuota. Tutti i giorni alle 11:30 i tre sacerdoti della parrocchia si riuniscono nella sala da pranzo per celebrare la Messa. Contrariamente ad altri, hanno deciso di non trasmetterla. Una scelta condivisa, soprattutto per non “focalizzare” l’eucarestia sui sacerdoti. Durante la celebrazione i tre pregano per le intenzioni che sono state loro affidate e per i malati. «Sentiamo la comunione spirituale – assicura il parroco –. Ma i parrocchiani ci mancano».

Avvenire / LaCroix, 28 aprile 2020

Questo articolo nasce nel contesto di un progetto di collaborazione avviato da Avvenire con il quotidiano cattolico francese La Croix. (QUI IL PROGETTO)