AMICI O SCHIAVI DELLA TECNOLOGIA?
La rivoluzione della comunicazione sembra aver creato qualche problema ai suoi fruitori, ovvero a tutti noi. E le ricadute non sono difficili da immaginare.
Foto da www.agensir.it
Ce lo saremo chiesti talmente tante volte… quando il cellulare comincia a scaricarsi, quando non ci si riesce a collegare a internet, quando è difficile telefonare. La rivoluzione della comunicazione, insomma, sembra aver creato qualche problema ai suoi fruitori, ovvero a tutti noi. E le ricadute non sono difficili da immaginare: diventiamo nervosi se ci accorgiamo di non essere in grado di raggiungere gli altri, di comunicare con l’ufficio, con i figli, il marito.
A ben pensarci, però, i passi in avanti
che la tecnologia ci ha consentito, rappresentano il modo migliore per non
restare soli, per essere sempre in contatto anche con i familiari lontani o con
coloro che hanno bisogno di farci sapere qualcosa che riguarda la nostra vita.
Il vero tema, il nodo focale è che bisogna essere in grado di considerare la
tecnologia come uno strumento da utilizzare quando necessario, un po’ come il
martelletto rosso che si trova in treno e accanto al quale è specificato: usare
solo in caso di emergenza.
Trasformare un telefonino o un computer
in un veicolo vitale per parlare agli altri, per essere presenti
all’interno della nostra comunità è il più grande errore che la nostra epoca
può provocare. E lo dimostra uno specifico disturbo comportamentale nato
proprio per identificare la dipendenza dai telefoni cellulari e più in generale
dagli strumenti tecnologici.
Sarebbe troppo facile pensare che
bisogna disfarsene; il vero obiettivo deve essere quello di usarli con
attenzione, con giudizio perché le ricadute negative non fanno differenza di
età né di fascia sociale: si diventa dipendenti sia da ragazzi che da adulti,
sia da professionisti che da disoccupati. E così si guardano i film al
computer, si scaricano i brani musicali, si leggono i libri, si consultano i
testi scolastici. Comodo? Sintomo di pigrizia mentale? Gli interrogativi si
sprecano, ma il risultato è che questa società, che Zygmunt Baumann definì
liquida, è oggi sempre più virtuale, concentrata su un desktop (che a sua volta
proietta immagini esotiche, avventurose o romantiche) e spaventata dal contatto
umano.
E allora? Bisogna disintossicarsi? Il
metodo, probabilmente, è più semplice di quanto si creda, anche se complicato
da attuare: basta guardarsi intorno e rientrare progressivamente nella
vita di tutti i giorni, lasciando che il cellulare si scarichi e resti
(spento) collegato alla presa elettrica, mentre si impara di nuovo a
chiacchierare, a fidarsi del prossimo, ad ascoltarlo.
Il film si andrà a guardare al cinema, con la magia del buio in sala e delle
poltrone confortevoli. I libri si sfoglieranno e acquisteranno in libreria, con
calma e umana curiosità. E ai familiari, ogni tanto, si scriverà una lettera,
di quelle che non si usano più con tanto di busta e francobollo. Il salto nel
buio è profondo, forse preoccupante, ma il premio in palio è quello di
riappropriarsi della propria esistenza e di diventare alleati della tecnologia.
Antonella Ciervo
direttrice “Logos”
(Matera-Irsina)
(da www.agensir.it)
Cernusco sul Naviglio, 4 giugno 2018