OLTRE MARCBOT

Guardando la foto del “robot bomba”che ha fermato l'assassino di Dallas.


Dallas: fiori sull’auto della polizia dopo l’uccisione di 5 agenti
(Foto AFP/SIR – Riproduzione riservata)

Potrebbe sembrare fuori luogo che tra le molte informazioni e immagini dei servizi giornalistici che hanno raccontato la tragedia di Dallas l’occhio di chi è ai bordi della tragedia si sia fermato su un piccolo riquadro, con foto e didascalia, dedicato a Marcbot, il “robot bomba” utilizzato per neutralizzare l’assassino. Perché mai concentrarsi su un particolare di quello scenario di morte, di odio, di violenza? Perché il “robot bomba” di Dallas nulla ha tolto allo sconcerto ma ha posto e pone alcune domande sul rapporto tra la tecnologia e l’uomo.

Il robot sta entrando da protagonista nella lotta tra il male e il bene e per questo la letteratura tecnologico-scientifica porta a pensieri che dalla fantascienza si spostano sempre più alla realtà.
Si assisteranno gli anziani e i malati con le macchine dall’intelligenza artificiale avanzata e con le stesse macchine si combatteranno conflitti cruenti, come in parte sta avvenendo. Ci sono Paesi, anche se per ora pochi, che stanno investendo molto sulla robotica e sul suo perfezionamento: i robot diventeranno così affidabili da essere impiegati per affrontare delicati problemi umani. Alec Ross, esperto di tecnologia e come tale consigliere di Hillary Clinton, nel libro “The industries of the future” descrive lo sviluppo della nanotecnologia nella sanità e nell’assistenza, nella scuola e nello sport, nell’automobilismo e nella ristorazione, nelle guerre e negli aiuti allo sviluppo.

Più che i migranti saranno i robot a invadere i Paesi, sarà l’intelligenza artificiale a entrare in molti spazi di lavoro provocando disoccupazione e frustrazione, se l’invasione non sarà saggiamente orientata e non troverà risposte innovative. In parte questo fenomeno sta già avvenendo e ha preso in contropiede la cultura e la politica. C’è altro: il robot bomba di Dallas è stato usato in operazioni militari in Iraq e questo lascia pensare che presto le guerre saranno combattute da robot contro uomini e poi, sempre per volere degli uomini, sarà uno scontro tra robot. Ma un robot non può essere pensato solo per questi scopi.

Il futuro del loro utilizzo per il bene dell’uomo dipenderà dalla capacità delle società e delle istituzioni di accompagnare e sostenere la ricerca scientifica e l’applicazione tecnologica. Altrimenti si resterà a mestamente consolarsi guardando Marcbot nel riquadro di una pagina di giornale contornato da immagini di dolore, di disperazione, di morte. Ecco perché senza trascurare Dallas occorre, ad esempio, seguire il percorso della scienza medica che sta progettando di inserire i nano robot nel corpo dell’uomo per vincere la lotta contro il tumore, oppure sta perfezionando quel robot che può aiutare un sordomuto a parlare. Si è di fronte a uno scenario colmo di interrogativi e di speranze come è giusto che sia.

Peccato però che diversi Paesi, compreso il nostro, non stiano dedicando sufficienti investimenti alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica e ancor meno pensino a politiche capaci di rispondere in positivo all’avanzata della tecnologia con l’avanzata di una nuova occupazione. Marcbot non deve andare oltre se stesso, tocca all’uomo pensante andare oltre un robot. Ed è interessante a questo riguardo che l’esperto di tecnologia Alec Ross, dopo aver scritto nel suo libro che occorre preparare le nuove generazioni al cambiamento, aggiunga “Quello del genitore è il mestiere più importante che si possa svolgere e i nostri ragazzi crescendo erediteranno un mondo che sarà ben diverso dal nostro”. Diverso sì ma, anche grazie a una tecnologia pensata per il bene, un mondo più ricco in umanità.

Paolo Bustaffa per Agenzia SIR

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Cernusco sul Naviglio, 11 luglio 2016