IL TRENO DELLA… VOCAZIONE
Quando un giovane cerca una strada nella sua vita, di solito, si lascia guidare dalla situazione sociale in cui si trova. In questo modo, il giovane non sceglie, ma evade la dignità della sua persona, lasciandosi scivolare, non in soluzioni, ma nelle contingenze del momento. Così non si diventa uomini, forse si può assaporare una certa comodità, che poi lascia spazio alla noia ed alla insoddisfazione, ma decidere di sé significa prendere la vita tra le proprie mani e fiutare l’immagine per cui si è creati. A questo punto si tratta di avere coscienza di ciò che tu sei, del servizio che arrechi all’umanità con il tuo lavoro, il tuo impegno e la tua intelligenza. Ora tu sei la persona più importante del mondo perché scopri la tua unicità, che nessuno ti può togliere: sei un uomo e nel mondo non c’è figura più alta, più nobile e più bella di questa. Fino ad ora hai guardato alle tue possibilità intellettuali, ai tuoi sogni, ai dati concreti che questa società ti permette di trovare, e tu non ti sei accontentato di preferire un lavoro comodo e ben retribuito, ma quello di vedere, al di là della vista, l’intuizione di ciò che tu sei e sarai, del come ti poni in relazione con gli altri, per prestare servizio, della tua voce che duetta con gli altri tasti del pianoforte per vivere in una unità d’intenti, di pensiero e di valori. La vocazione della tua vita non è solo lavoro, ma scoprire quell’afflato di senso che pervade la tua mente ed il tuo cuore, ripagato dalla gioia di crescere in questo habitat, per restituirla a tutti coloro che incontrerai nel cammino della tua esistenza.
Non preoccuparti da quale gradino sociale parti; ora senti questa storia …: “Sono Vincenzo e sono il quinto di otto figli. Vivevo tra le forbici e le tinture di giorno, e tra l’alcool e le feste di notte; una vita simile a quella di tanti ragazzi. Ero un giovane con un lavoro da parrucchiere affermato nella Napoli bene, che di sera provava a divertirsi con qualche trasgressione. Cosa sia passato tra quel buio emotivo, fatto di disordine e di ebbrezze e la luce dello Spirito che mi avvolge di gioia, dentro la povertà di questo saio francescano, ancora oggi faccio fatica a mettere insieme le ragioni del passato, in cui vestivo solo “firmato”, con il povero vaso di “elezione” che oggi mi ha arricchito. Dal 2009 ho cambiato gusto anche nella ricerca della griffe, infatti ora vesto un abito monocolore, firmato però da uno stilista d’eccezione che oltre ad avermi cambiato look, mi ha stravolto l’esistenza.
Tutto è cominciato con un invito. Mia madre, donna di preghiera, terziaria francescana, aveva cominciato a preoccuparsi per il mio modo di vivere così caotico. Probabilmente sospettava che dietro a quella esistenza, fatta di finte certezze, si nascondesse un profondo vuoto. Voi sapete come sono le madri, qualche volta devi accontentarle e fu così che mi trovai a partecipare a una “preghiera di guarigione” tenuta da un sacerdote missionario. Questo fu l’incontro più sconvolgente di tutta la mia vita. Il missionario, che guidava la preghiera, esortò l’assemblea a rinunciare a tutte le forme di dipendenza che potevano tenerci legati, lasciandole simbolicamente ai piedi dell’altare. Incominciai con le sigarette, che lasciai con un gesto sui gradini del presbiterio, ma in realtà posai con esse, mentalmente, anche le droghe di cui facevo uso, il sesso, e tutto ciò che era stato fino a quel momento.
Da quel giorno non ho fatto più uso di sostanze di alcun tipo. Ero leggero e pieno al contempo. Gli amici credevano che fossi impazzito e non mi riconoscevano. Invece è stato un lungo cammino di ricerca ed ho sperimentato la pace in seno a quella funzione religiosa e di seguito imparai a pregare, a partecipare alla Messa e scoprire i sacramenti. L’ambiente di lavoro mi diventava sempre più estraneo e più difficile da conciliare con la mia nuova vita. Investito dello zelo dei principianti, che sono tutta azione senza un fondamento culturale, parlavo di Dio a tutti i clienti e non solo, diventando noioso per chiunque mi incontrasse. Lasciai, quindi, il lavoro e feci esperienza missionaria nel cammino di un discernimento profondo che mi potesse indicare la nuova strada di vita cristiana. Lontano da tutto, mi sentii finalmente smascherato. Io volevo diventare sacerdote. Nel 2000 entrai in convento per avviare il percorso formativo fino al sì sacerdotale avvenuto nel 2009. Oggi anch’io animo funzioni carismatiche per testimoniare alle assemblee, la possibilità di sperimentare in prima persona l’amore che cura”.
Un lettore comune, riflettendo su questa storia, coglierebbe facilmente il dato sociale: è una persona che ha avuto un impatto emotivo, ha preso coscienza della sua vita, si è consegnato ad una nuova entità e si è trovato bene nell’esercizio del suo campo religioso. Invece in filigrana si legge facilmente il lavoro di una mano invisibile, che ha disegnato la gioia di una vita nuova, e pur sempre più vera. Ci sembra impossibile che qualcuno si possa prendere cura di noi, invece noi siamo amati e serviti in ogni istante con la presenza dello Spirito. Noi progettiamo un futuro che non conosciamo ed un passato che continuiamo a rimasticare favorendo ferite su ferite, mentre Lui vive il presente, che a noi sfugge, nel quale lo Spirito continua ad operare, conformandoci all’immagine divina. Questa conversione non è un colpo di testa, anche perché passato il” mal di testa” passa anche il desiderio e si va altrove, ma è una conversione che ha colto i segnali dello Spirito. La conversione è sempre un ritorno sui propri passi, è una riattivazione di senso della vita, è un “rientrò in sé stesso”, è il risveglio di una coscienza assopita o dimenticata dopo un fallimento esistenziale. Se fosse rimasto sui binari della morte avrebbe perso il progetto di sé, un cammino umano di tutto punto e la gioia di una pienezza riuscita. I binari dello Spirito passano attraverso regioni sconosciute, ma quando vedi quel treno, è proprio Lui che lo guida.
Paolo Fiorani