L’INCLUSIONE È ALTRA COSA: NON PUZZA DI ASSISTENZA

Le previsioni degli analisti sostengono che il promesso reddito di inclusione non servirà a migliaia di famiglie per concedersi giorni di vacanza. Servirà a pagare bollette arretrate o visite mediche.


Foto da www.agensir.it

Già le prime settimane di giugno ci hanno fatto gustare le bizzarrie di una stagione che si prospetta rovente, a dispetto degli opportunismi di qualche governante d’oltreoceano. Giochetti ed equilibrismi cui la politica è avvezza, non da ora, per acquistarsi il consenso che davvero pesa quando arriva il momento di contarsi. Non troppo diversa pare la descrizione dei fenomeni nostrani: qualche baruffa sullo “ius soli”, il tremulo miraggio di una legge elettorale che sembra dissolversi tra i vapori del meriggio, ma soprattutto il tintinnare di euro che improvvisamente dovrebbero piovere sulle miserie italiane, quelle povertà che non è bello mostrare e neppure ammettere. Come, di solito, si cerca di fare quando piombano in famiglia parenti lontani.

Che l’esclusione sociale sia spesso legata all’insufficienza delle risorse economiche è – banalmente – un’evidenza. Altrettanto evidente, pare, il tentativo di proporre improbabili strutturali rimedi alla fragilità di ampie fasce della popolazione, puntando su un reddito di cosiddetta “inclusione”. Sui soldi – sia chiaro – non sputa nessuno, tanto meno quando il bilancio famigliare boccheggia, e alla fine del mese si fa fatica ad arrivare incolumi. Ma, se le parole continuano ad avere un significato, sarebbe più prudente non sbilanciarsi troppo.

L’inclusione è altra cosa: non puzza di assistenza, tanto meno di elemosina. Profuma di giustizia. E non si piega a scadenze pre-elettorali, né si fa dominare da improvvisi impulsi di bontà. Chiede la serietà di progettare una convivenza civile ispirata alla solidale condivisione delle opportunità: che – tradotto – vuol dire: ridare vigore a politiche famigliari stabili che incoraggino e poi sostengano la natalità, a politiche scolastiche che privilegino il merito e le capacità, puntando all’emersione dalla precarietà per chi si adatta ad accettare un lavoro che non c’è. Senza attardarsi, pretestuosamente, su distinguo utili a battere la grancassa del populismo a buon mercato (che funziona sempre…).

Le previsioni degli analisti sostengono che il promesso reddito di inclusione non servirà a migliaia di famiglie per concedersi giorni di vacanza. Servirà a pagare bollette arretrate o visite mediche. L’estate è appena cominciata, ma non per tutti in riviera. A ben vedere, neanche questa è una novità. (Enrico Maggi per Agenzia SIR)

Cernusco sul Naviglio, 20 luglio 2017