LA CITTÀ DEL BENE

Il racconto di “pratiche etiche” di cento imprese nei primi mesi del 2016 sono un segno concreto che qualcosa si muove e, in particolare, sono un messaggio educativo e pedagogico di tutto rispetto.

C’è una notizia di questi giorni che un po’ sorprende anche perché viene dal campo dell’imprenditoria dove la crisi non consente di respirare a pieni polmoni un’aria salubre. Da un’indagine condotta dalla Camera di Commercio di Milano nella realtà regionale emerge un campione virtuoso di un centinaio di imprese di ogni dimensione e settore che, nei primi mesi del 2016, si sono distinte e, ancora, si stanno distinguendo per pratiche etiche. Una impresa su due ha aumentato, con la crisi, le attività di responsabilità sociale.

I dati dell’indagine sono riportati nella pagina di cronaca locale, dal titolo “La città del bene”, di uno dei più grandi quotidiani nazionali. Così si può subito riflettere in due direzioni: la prima riguarda l’attenzione dedicata da un giornale di grande tiratura anche ad aspetti positivi della società e l’altra, cioè la collocazione della notizia nelle cronache, è la conferma del territorio quale luogo da cui vengono segnali buoni per l’intero Paese.

Tornando alle cento imprese che nell’area lombarda in un tempo di crisi non rinunciano alla responsabilità sociale – queste tracce sono rilevabili anche in altre aree del Paese – si nota che il 34,9% promuovono iniziative a sostegno di attività culturali, il 30,2% per attività sportiva, il 25,6% per interventi a favore di poveri, il 41,9 % a favore della città. Quest’ultimo dato merita un approfondimento quale segno di una cittadinanza che se, da un lato, esprime gesti concreti di solidarietà operosa; dall’altro, non va a sostituirsi alle competenze di chi governa la città ma ne stimola l’impegno, ne interroga la capacità di scelte efficaci, tiene conto delle difficoltà di bilancio. In ogni caso è una bella espressione di coscienza civica e di appartenenza al territorio.

Un dato interessante viene da un’azienda di Cinisello Balsamo, alla periferia di Milano, che in passato offriva 50 euro come piccola “borsa di studio” ai figli dei dipendenti con qualcosa in più se in pagella c’erano “gli otto”. Ma quest’anno c’è stata una piccola riduzione per via delle aumentate difficoltà del lavoro: non risulta che qualcuno si sia lamentato per questo invito a un gesto di corresponsabilità nell’affrontare un problema. In Valtellina un’azienda non fa pagare i corsi di formazione professionale a chi si trova in situazione di difficoltà economica mentre a Sesto San Giovanni un’azienda specializzata in sicurezza sul lavoro offre gratis i suoi servizi a onlus del Terzo Settore.

Federica Ortalli, membro della giunta della Camera di Commercio di Milano, commenta: “La responsabilità sociale si sta diffondendo e con essa la consapevolezza delle imprese sulle conseguenze positive delle loro scelte di tipo sociale”. È indubbio che in tutti i casi rilevati dalla Camera di Commercio il tema dei vantaggi fiscali, delle agevolazioni, dei ritorni di immagine abbia un peso rilevante ma è altrettanto indubbio che non sia l’unico motivo che determina le pratiche etiche. È, inoltre, altrettanto doveroso non dimenticare quelle aziende che non riescono neppure più a garantire salari e stipendi ai propri dipendenti. Il realismo non va mai abbandonato ma neppure vanno trascurati quei segni che aiutano a non farsi ingabbiare nella sterilità del pessimismo e della rassegnazione.

Le “pratiche etiche”, rilevate in questo caso nelle imprese lombarde, non sono ancora una risposta completa alla domanda di etica. La “responsabilità sociale” deve compiere altri passi dentro i meccanismi dell’economia e del mercato ma le buoni prassi sono un segno concreto che qualcosa si muove e, in particolare, sono un messaggio educativo e pedagogico di tutto rispetto.

Paolo Bustaffa per Agenzia SIr
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Cernusco sul Naviglio, 23 maggio 2016