“LA MORTE DI GESÙ CI SALVA DALLA SOLITUDINE”

Gesù – ha ricordato l’arcivescovo, a conclusione della Via Crucis della nostra zona pastorale, ci “dona lo Spirito che rende possibile vivere da figli di Dio, riconoscersi fratelli e convincersi che la vita si compie non difendendosi dagli altri, ma praticando il suo comandamento, fino a fare della vita un dono”


Sesto San Giovanni, Via Crucis con l’arcivescovo
(foto G. Melzi)

Il maltempo previsto per la serata di ieri ha indotto gli organizzatori a far svolgere la Via Crucis guidata dall’arcivescovo, per la nostra zona pastorale, tutta all’interno della chiesa parrocchiale di San Giuseppe di via XX Settembre a Sesto San Giovanni. Chiesa gremita di fedeli che, guidati da monsignor Mario Delpini, hanno pregato, meditato e cantato quattro stazioni: Gesù condannato a morte, Gesù che incontra sua madre, Gesù che cade per la terza volta e Gesù che muore in croce.


Sesto San Giovanni, Via Crucis con l’arcivescovo
(foto G. Melzi)

L’omelia dell’arcivescovo, a conclusione della celebrazione, ha offerto diversi spunti di riflessione: sulla direzione sbagliata che abbiamo imboccato, che ci sta rendendo sempre più soli; sull’invocazione per uscire da questa situazione; su Gesù che «ci salva dalla solitudine con la sua morte: con il dono della fede, con il dono dell’amore, edificando la Chiesa dalle genti.»


Sesto San Giovanni, Via Crucis con l’arcivescovo
(foto G. Melzi)

«Sì, abbiamo fatto un lungo cammino; sì, abbiamo compiuto molti progressi; sì, siamo andati molto lontani nella direzione di garantirci la sicurezza nella nostra solitudine – ha esordito l’arcivescovo - abbiamo corazzato le porte, cancellato i nomi dai campanelli dei condomini, resi irriconoscibili i numeri dei nostri telefoni. Abbiamo creato le condizioni favorevoli per rivendicare il nostro diritto all’individualismo, per fare e pensare quello che ciascuno vuole, pronti a difendere con suscettibilità intrattabile chi si permettesse di esprimere una valutazione.»


Sesto San Giovanni, Via Crucis con l’arcivescovo
(foto G. Melzi)

«Abbiamo molti mezzi per rendere interessante il nostro isolamento – ha proseguito monsignor Delpini - possiamo collegarci con il mondo intero e curiosare nella vita di tutti, senza uscire di casa, senza stringere una mano, senza coinvolgerci in nessuna responsabilità. Abbiamo messo in atto molte cautele per evitare legami stabili, per sottrarci a responsabilità irrevocabili, costruendo legami affettivi precari, rivendicando la possibilità di infrangere le promesse e poter tornare a una vita solitaria anche dopo aver promesso amore eterno. Sì, abbiamo fatto un lungo cammino nella direzione di una condizione di solitudine, una mentalità individualistica, un isolamento disimpegnato, una pratica degli affetti ritrattabili. Siamo andati molto lontani in questa direzione, ma ora sappiamo che è una direzione sbagliata.»


Sesto San Giovanni, Via Crucis con l’arcivescovo
(foto G. Melzi)

«Ora ci domandiamo: chi ci salverà dalla solitudine? Come potremo uscire da un isolamento che per un certo tempo è sembrato propizio all’euforia di una libertà intesa come arbitrario capriccio e che ora ci pesa come una desolazione smarrita?» A questa domanda, l’arcivescovo ha aggiunto altre riflessioni: «Ci sarà anche chi pensa che alla solitudine si può porre rimedio con una aggregazione costruita sugli interessi comuni, con una compattezza recuperata inventando un nemico che incombe per invadere la nostra terra.» E ancora: «Ci sarà chi pensa che alla solitudine si può porre rimedio inventando compagnie consolatorie: se hai bisogno di carezze forse si inventerà una macchina, un robot pronto a dispensare i gesti di cui hai nostalgia, se hai bisogno di sentirti importante per qualcuno, forse basterà un cucciolo che fa festa quando ti vede rientrare.» ma alla fine «noi riconosciamo la natura palliativa di questi rimedi e continuiamo a domandare: chi ci libererà dalla solitudine con una presenza amica, con una convocazione per una comunità che sia segno di una profonda e affidabile comunione?»


Sesto San Giovanni, Via Crucis con l’arcivescovo
(foto G. Melzi)

Ecco la risposta dell’arcivescovo: «Gesù dà la sua vita per liberarci dalla dispersione e dalla solitudine. Come può la morte di Gesù, abbandonato da tutti, diventare principio di comunione che raduna in unità tutti noi, non solo la nazione, ma tutti i figli di Dio?» Per monsignor Delpini «Gesù, morendo in quel modo, come ha attratto lo sguardo del centurione, attira lo sguardo di tutti: guarderanno a colui che hanno trafitto. Gesù ci raduna perché il suo modo di morire attira lo sguardo di tutti: ecco come rinasce la comunione, quando i fratelli e le sorelle, invece di continuare a guardarsi addosso, invece di continuare a guardarsi gli uni gli altri, volgono tutti lo sguardo nella stessa direzione. Nella contemplazione di Gesù che dà la vita come agnello innocente immolato per tutti viene seminata nell’umanità la promessa di una via di salvezza, di una opera di Dio che convoca tutta l’umanità: innalzato da terra attira tutti a sé. Così si manifesta l’opera di Dio, si squarcia il velo del tempio e si riconosce che cosa Dio vuole: riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.» La certezza del nostro arcivescovo è che «Gesù, morendo in quel modo, dona lo Spirito, che rende possibile ai figli degli uomini vivere da figli di Dio, riconoscersi fratelli e convincersi che la vita si compie non difendendosi dagli altri, ma praticando il comandamento di Gesù, fino a fare della vita un dono, come ha fatto Gesù. Così ci salva dalla solitudine la morte di Gesù: con il dono della fede, con il dono dell’amore, edificando la Chiesa dalle genti.»


Sesto San Giovanni, Via Crucis con l’arcivescovo
(foto G. Melzi)

Prima della benedizione finale, l’arcivescovo assegna una penitenza a tutti i presenti: nei prossimi giorni telefonate a una persona con la quale avete interrotto i rapporti per augurarle “Buona Pasqua” e qualora dovesse rispondere in malo modo aggiungete pure che “me l’ha detto l’arcivescovo di telefonarle”.

All’uscita dalla chiesa, come gesto penitenziale, sono state raccolte offerte a favore delle popolazioni del Sud Sudan prostrate da quattro anni di guerra civile.

Cernusco sul Naviglio, 21 marzo 2018